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Vincitori Premio Asimov Edizione VI 2020 - 2021








L'ultimo Sapiens


      Forzosi Claudio Iis Torlonia Bellisario ( Avezzano, Abruzzo )

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Quando, nel 1987, la casa editrice Einaudi decise di ripubblicare il libro di Primo Levi “Vizio di forma”, edito per la prima volta nel 1971, l’autore se ne rallegrò, lieto del fatto che alcune delle sue più fosche previsioni non si fossero avverate, mentre altre erano comunque in corso di realizzazione.
Gianfranco Pacchioni, scienziato, docente di chimica e Prorettore alla ricerca nell’Università di Milano Bicocca, nel suo libro “L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della specie” riprende i racconti di Levi, utilizzandoli non tanto per evidenziare alcune delle linee più produttive della scienza e della tecnologia, quanto per metterci in guardia sul nostro procedere a velocità inaudita verso una soglia evolutiva che può renderci qualcosa di diverso rispetto a ciò che attualmente siamo. Da qui il termine “ultimo sapiens”, che non riguarda una prossima, eventuale estinzione dell’essere umano, bensì la sua trasformazione, non necessariamente positiva, in un essere diverso da ciò che è sempre stato. A ben vedere, il medesimo scopo di avvertimento che era nell’intenzione di Levi.
Negli ultimi decenni, la nostra vita è cambiata in maniera esponenziale. Lo sviluppo dell’elettronica, della genetica, della biotecnologia, delle nanotecnologie, è stato impetuoso. Pensiamo alle reti neurali, il cui presupposto è addirittura quello di simulare il nostro cervello. A differenza dei computer, programmati per risolvere problemi che noi stessi gli poniamo, le reti neurali sono in grado di elaborare informazioni apprendendo dall’esempio! Non sfuggiranno mai al nostro controllo, ma è totalmente da escludersi data la loro rapida evoluzione da una parte e la nostra capacità di elaborazione dei dati dall’altra?
Gli esperti concordano nell’affermare che un’intelligenza artificiale non proverà mai emozioni umane. Ne dedurremmo che non sarà mai in grado di generare arte. Errato. Cercando Cope Emi YouTube su internet, come ci suggerisce Pacchioni, troveremo una lista di brani dalle caratteristiche riconducibili a quelli di celebri artisti del passato, ma che sono stati creati al computer. Si può obbiettare che un brano composto da un computer non ha un’anima: la realtà è che ci piace pensare che ciò che ascoltiamo abbia un’anima, quando invece i sentimenti che scaturiscono dall’ascolto della musica dipendono da noi stessi.
Il tono di Pacchioni oscilla tra la fascinazione e l’allarme. Ad un ammirato interesse verso tutte le conquiste operate dall’uomo, fa da riscontro un preoccupato interrogativo per la direzione verso la quale condurranno l’essere, da intendersi, quest’ultimo, come essere umano. Rimarrà umano l’uomo? Diverremo uomini geneticamente manipolati interconnessi con reti neurali computerizzate? Quale peso avranno i nostri ultratecnologici progressi scientifici sulla qualità, la profondità, la veridicità dei rapporti con i nostri simili?

“L’ultimo sapiens”, pagine 17 – 18: “Un ventenne non riesce a immaginare che si possa vivere senza telefono cellulare, senza Facebook, senza Wi-Fi. E quando realizza che c’è chi lo ha fatto, intravvede un’esistenza grigia e noiosa, in un passato remoto ed arretrato. E forse ha qualche ragione.
Ma pensa anche, e per fortuna, di appartenere ad un insieme di esseri intelligenti con il pieno controllo del pianeta in cui vive, proiettati verso un futuro meraviglioso. E qui forse ha un po' meno ragione”.

E qui, forse, ha un po' meno ragione.

      Liberi Giorgia Iis Amedeo D' Aosta ( L' Aquila, Abruzzo )

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L’Homo Sapiens, descritto dall’autore sin dalle prime pagine, viene definito “specie strana” che invece di adattarsi alle angherie dell’ambiente mutevole fa in modo che sia l’ambiente stesso ad accomodarsi a lui. Gianfranco Pacchioni nel suo libro si sofferma a sottolineare che nel sistema ecologico del nostro pianeta, sebbene ai giorni d’oggi la specie umana si impone come specie dominante, non lo è sempre stata; il Sapiens potrebbe, in un futuro non troppo lontano, dover cedere il posto ad un altra specie, la domanda è: quale?

Attraverso il dialogo immaginario tra l’autore, chimico contemporaneo, e i racconti di Primo Levi, chimico novecentesco, il libro spiega come lo sviluppo tecnologico, economico e sociale sia avvenuto velocemente ed in maniera esponenziale nell'ultimo millennio, a dispetto dei secoli precedenti dove la vita e le tecnologie sono rimaste sostanzialmente stabili.
Dalle stampanti alle bio stampanti tridimensionali, dalle tecnologie a nanotecnologie sempre più potenti, dall’intelligenza umana a quella artificiale, dai videogiochi alla realtà virtuale; tutto questo viene raccontato con semplicità nei racconti visionari di Levi per poi essere descritto e analizzato dall’autore, fornendo al lettore una visione dettagliata di ciò che la tecnologia è riuscita a raggiungere in pochi anni.
Pacchioni, quasi prevedendo la situazione epidemiologica globale attuale, descrive i virus come macchine molecolari “cattive” che potrebbero sfuggire al nostro controllo e mettere a rischio l’esistenza umana, propone quindi uno studio più approfondito sulla virologia e le misure da adottare contro questi organismi ai margini della vita; l’autore stesso diviene così un “Levi contemporaneo” che, analizzando i traguardi tecnologici attuali, nel suo libro si propone di anticipare ciò che in futuro caratterizzerà lo sviluppo tecnologico.

Grazie a nanotecnologie, biotecnologie, neuro tecnologie e tecnologie sintetiche gli ultimi decenni hanno visto cambiare in maniere radicale la vita delle persone che hanno accesso a tali tecnologie, mentre la restante parte rimane esclusa dallo sviluppo, creando un divario. Più la tecnologia evolve, più tale divario aumenta, e quando si raggiungeranno intelligenze artificiali, uomini bionici e aspettative di vita sempre più lunghe esso diventerà tale da dividere la specie in due. Chi ne uscirà predominante?

      Mucci Giovanna Liceo " Corradino D' Ascanio " ( Montesilvano (pe) , Abruzzo )

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Ho deciso di leggere L’ultimo sapiens di Gianfranco Pacchioni, poiché ho sempre considerato molto interessanti le tematiche legate al concetto di progresso in ambito scientifico e tecnologico.
Con L’ultimo sapiens, Pacchioni, chimico e prorettore alla ricerca nell'Università di Milano-Bicocca, ha dato un grande contributo alla questione del progresso. Infatti, la domanda che ci viene posta alla fine del libro è: “saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole?”. Con questo libro, l'autore è pronto a darci notevoli spunti per rispondere a tale domanda.

Fonte principale di ispirazione del libro di Pacchioni è Primo Levi (scrittore italiano e partigiano antifascista deportato ad Auschwitz) con la sua raccolta di racconti Vizio di forma (1971), il quale sembra aver anticipato molti dei temi a noi contemporanei, come Internet, le intelligenze artificiali, le stampanti e biostampanti 3D o le nanotecnologie. Per ogni argomento trattato, Pacchioni fa riferimento ad un racconto di Levi, che con assoluta immediatezza e semplicità (e forse anche con un pizzico di ironia e comicità) ci fa arrivare al cuore del concetto. È proprio questa infatti la chiave che rende di facile comprensione argomenti di natura scientifica che inizialmente potrebbero risultare non immediati.
Per introdurre il tema di Internet, Pacchioni ripercorre il racconto A fin di bene. È la storia di una rete telefonica che inizia autonomamente ad assumere il controllo, intercettando le comunicazioni o collegando persone del tutto sconosciute. Inoltre, questo semplice racconto descrive il fenomeno del machine learning che, se ci pensiamo bene, riguarda proprio i famosi assistenti vocali che tutti abbiamo nei nostri cellulari (Siri, Cortana o Alexa).

La lettura di questo libro mi ha permesso di capire quanto la specie dei sapiens abbia una posizione del tutto precaria su questo pianeta. Nel primo capitolo, Pacchioni ripercorre la storia dell’esistenza del pianeta Terra, utilizzando una rivisitazione particolare di David Brower. La storia così reinterpretata, modifica e concentra l’età intera del pianeta Terra (circa quattro miliardi di anni) in soli sei giorni. Il fatto interessante è che gli avvenimenti più significativi della nostra storia, avvengono soltanto sabato sera: la nascita dell’uomo e la rivoluzione industriale avvengono rispettivamente ventitré secondi e un quarantesimo di secondo prima della mezzanotte. È facile quindi comprendere come, nell’arco della storia del nostro pianeta, non occupiamo chissà quale grande lasso di tempo. La certezza nel nostro futuro non dovrebbe basarsi solo su quei ventitré secondi.

Nell’ultima parte del libro, Pacchioni riconduce il discorso al concetto di eugenetica, ovvero quella scienza volta al miglioramento della specie umana. È possibile riscontrare questo concetto oggigiorno, ma soprattutto in futuro, a seguito di innovazioni tecnologiche (le quali forse adesso possono sembrarci quasi fantascienza, come del resto lo sembrava Internet quando non esisteva ancora) come l’uomo bionico, il cyborg, gli androidi, il transumanesimo; tutte tematiche che l’autore tratta ampiamente in maniera molto esaustiva nel suo libro.

Il linguaggio utilizzato è del tutto immediato, risultando così adatto ad ogni tipo di lettore. Il libro risulta essere di facile comprensione e offre notevoli spunti per comprendere meglio avvenimenti inerenti a scienza e tecnologia nell’attualità.

      Di Lorenzo Chiara I.i.s. G. Fortunato ( Rionero In Vulture, Basilicata )

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Se l’autore greco dell’età classica Sofocle, nel I stasimo dell’ «Antigone», ha celebrato l’evoluzione dell’uomo che da «faber», ovvero creatore dell’arte della navigazione, dell’agricoltura, della caccia e della pesca, è diventato «politicus», apprendendo l’arte della parola, del libero pensiero e del vivere in società, Gianfranco Pacchioni, nel saggio «L’ultimo sapiens», porta all’attenzione del pubblico, attraverso un'analisi critica e spietata, l’uomo che, grazie all’intelletto e allo studio, è stato l’artefice del progresso tecnologico, iniziato nel secolo scorso, di cui probabilmente diventerà una vittima. Questo sviluppo, avvenuto negli ultimi anni, è però destinato a proseguire e magari tra cinquant’anni l’uomo che popolerà il pianeta sarà completamente irriconoscibile dal «sapiens» di 10-20.000 anni fa che, come scrive lo stesso Pacchioni, «smise di girovagare alla ricerca di cibo e cominciò a fermarsi in villaggi per trasformarsi in allevatore, agricoltore e commerciante»; infatti se gli uomini del secolo scorso condividevano in parte lo stile di vita agricolo dei «sapiens», gli umani del futuro potranno essere caratterizzati da comportamenti, costumi e modi di pensare mai visti fino ad ora che saranno espressione della loro evoluzione in una nuova specie, rendendo, così, l’uomo odierno «l’ultimo sapiens». Quello che l’autore compie è un viaggio che analizza i traguardi scientifici che l’uomo ha raggiunto, come la realizzazione di robot sempre più sofisticati, stampanti e biostampanti 3D, dispositivi dalla dimensione di un nanometro, o ancora il perfezionamento della genetica umana, o la clonazione; egli affronta questi temi nel suo libro, partendo dai racconti di Primo Levi, con cui introduce la maggior parte dei capitoli. A tratti è inquietante come lo scrittore italiano sia stato lungimirante nelle sue opere, in cui descrive strumenti che all’epoca non erano ancora stati inventati, ma che tutt’oggi fanno parte della nostra realtà. Un ulteriore aspetto che viene sollevato è l’inconsapevolezza dell’uomo sulla strada che sta intraprendendo, infatti come scrive Pacchioni: «L’avvento dell’intelligenza artificiale, della robotica, è destinato a soppiantare un gran numero di professioni. [...] (si parla del 50% nei prossimi anni).» e l’uomo si sentirà poi costretto a trovare nuove «distrazioni» con cui occupare il proprio tempo: è questo il grande paradosso, l’uomo crea la tecnologia per agevolare la propria vita e per vivere al meglio il proprio tempo libero dedicandolo interamente a se stesso, ma poi crea altri strumenti che gli sottraggono tempo al suo ozio. Inoltre non vi è proprio la minima percezione di ciò che sta accadendo nel mondo della tecnologia e la lettura di questo libro riporta alla realtà il lettore, che al termine si sente, al tempo stesso, stranito e affascinato dalle cose che l’umanità è riuscita a creare.

      Lucia Fabrizio Liceo Scientifico Statale Galileo Galilei ( Potenza, Basilicata )

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TITOLO: Ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie.
PUBBLICATO DA: Casa editrice “Il Mulino” il 10 gennaio 2019.
AUTORE: Gianfranco Pacchioni, con prefazione di Telmo Pievani.

Gianfranco Pacchioni è un chimico e professore ordinario all’Università Milano-Bicocca. Ricevette la Medaglia Pascal per la Chimica nel 2016 e la Medaglia Pisani della Società Chimica Italiana nel 2017. Ha pubblicato numerosi altri libri a tema scientifico con il mondo delle nanotecnologie spesso protagonista.

Il libro è un saggio di divulgazione scientifica incentrato sul rapporto tra uomo e tecnologia. Esso è diviso in otto capitoli preceduti da una prefazione; ognuno di questi, a parte il primo, inizia con una introduzione relativa agli scritti di Primo Levi, in cui si possono scorgere previsioni e anticipazioni di temi attuali o temi che, con molta probabilità, verranno trattati fra pochi anni.

Pacchioni ci guida a comprendere come queste previsioni, risalenti al secolo scorso, si stiano in realtà avverando e che la tecnologia stia crescendo sempre più in maniera esponenziale, sottolineando come questa possa influire, positivamente o negativamente, sulla nostra quotidianità e forse anche sulla nostra, presunta, mortalità. Ciò che si riesce a desumere dalla lettura è che Pacchioni sia propenso allo sviluppo della tecnologia e delle innovazioni, ma sempre mantenute sotto controllo affinché non si sfoci nella singolarità tecnologica, cioè il punto in cui il progresso tecnologico supera la capacità umana di comprendere il loro sviluppo.

Il libro è riuscito anche a condurmi verso una riflessione interiore, che non ha trovato risposta (almeno definitiva), riguardante il comportamento dell’uomo di fronte a queste nuove realtà; mi sono chiesto, ripensando a come le scoperte sul decadimento radioattivo siano state utilizzate per la creazione di armi nucleari con danni irreparabili, se egli sarà in grado di concepire che in tutte le cose c’è un limite, oltrepassato il quale è ben difficile tornare indietro.

Pacchioni, a proposito di questo tema, ci pone l’esempio del virus, macchina molecolare “cattiva”, in grado di destare preoccupazione in passato e specificando che, nonostante lo sviluppo della virologia, non ci sia una protezione assoluta. Beh, quanta verità! A pochi anni dalla pubblicazione del libro, possiamo dire che una protezione assoluta non esiste, il Covid ha messo in subbuglio tutto il mondo, è sfuggito al nostro controllo (almeno iniziale) ed è stato sottovalutato da noi umani.

È proprio questa sottovalutazione che secondo me ci potrebbe portare a ricadere nello stesso errore anche nei confronti delle future innovazioni tecnologiche, con la differenza che non ci sarà un vaccino a salvarci o una graduale riduzione del pericolo negli anni, ma conseguenze irrimediabili per la specie sapiens.

Il libro parla di svariati temi scientifici facilmente leggibili grazie all’abilità dell’autore nell’argomentare in modo chiaro, esplicito e comprensibile; per questo motivo consiglio il libro anche ad adolescenti e ovviamente ad appassionati delle scienze, requisito importante per lasciarsi trasportare interamente verso l’ipotetica conoscenza di cosa ne sarà di noi in futuro. La lettura è resa più leggera dagli interventi dell’autore, spesso divertenti e ironici, che in questo modo portano ad un avvicinamento e a una interazione indiretta con il lettore.

Non ci resta che aspettare il futuro, ricordando che siamo noi a influenzarlo!

      Tirico Siria Ambra I.i.s. G. Fortunato ( Rionero In Vulture, Basilicata )

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Chiarezza espositiva: 9
Originalità del tema: 9
Attualità del tema: 10
Coinvolgimento del lettore: 10
Voto complessivo: 10

“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”; questo il monito di Ulisse rivolto ai suoi compagni, timorosi di oltrepassare le Colonne d’Ercole, il limite del mondo fino ad allora conosciuto.
Oggi, all’alba del terzo millennio, possiamo dire di aver abbondantemente accolto l’invito dell’eroe itacese e di aver trasformato il nostro antico timore reverenziale in una sprezzante audacia nei confronti della natura.
Dalle stampanti 3D alla biologia sintetica, dalla clonazione al teletrasporto, dalle neuroimmagini ai simulatori di realtà; un viaggio all’insegna del progresso e della tecnologia, iniziato più di tre milioni di anni fa.
Gianfranco Pacchioni, prorettore alla ricerca nell’università di Milano-Bicocca, assolve in maniera esemplare al ruolo di Cicerone, conducendo il lettore nei meandri più reconditi dell’evoluzione dei Sapiens, senza dimenticare di voltarsi indietro ai testi premonitori dell’autore Primo Levi, che vedono il signor Simpson, rappresentante italiano della NATCA, alle prese con tecnologie apparentemente fantasiose e utopiche, ma in realtà molto vicine all’uomo odierno.
Ed ecco che tra un capitolo e l’altro, la cenere fittizia delle fantasie di Primo Levi acquista sempre più valore e concretezza e si trasforma in una splendida fenice infuocata, colma di potenzialità.
Attraverso un cocktail frizzante composto da un linguaggio semplice e una piacevole ironia, il lettore inizierà a guardare al futuro con una curiositas odissiaca, pronto ad accogliere le novità tecnologiche, magari varando l’ipotesi di avere una pelle nuova applicata sul viso tramite una biostampante o ancora immaginando di leggere il pensiero attraverso un’immagine.
Presi dall’entusiasmo, non dobbiamo però pensare di essere i padroni del mondo, né tantomeno possiamo contare sull’eternità della nostra specie.
Se è vero, infatti, che l’aspettativa di vita umana continuerà a crescere in maniera esponenziale, di pari passo con le nuove tecnologie, non possiamo però prevedere quali saranno le conseguenze. Progrediremo così velocemente da non comprendere nemmeno noi gli stessi eventi? Supereremo barriere mai affrontate? Ci estingueremo per fare spazio ad una specie più evoluta?
Nessuno fino ad ora è riuscito a dare una risposta a queste domande, l’unica certezza è che se pensiamo di essere i più intelligenti del mondo, ci sbagliamo di grosso.
Non sono,infatti, solo giochi come il cubo di Rubik o gli scacchi a dimostrarci che l’intelligenza artificiale supera di gran lunga il quoziente intellettivo umano, il che è preoccupante, soprattutto per chi è avvezzo a immaginare le catastrofi descritte nei film di fantascienza, come la conquista del mondo da parte dei robot. L’intelligenza artificiale ci ha letteralmente “stracciati” anche nel campo delle emozioni, quelle che noi, poveri illusi, pensavamo fossero appannaggio esclusivo del mondo umano.
Un libro che farete difficoltà a chiudere, un coacervo di paura, fiducia, speranza e dubbio, che ci rende tutti naviganti in balia dei vortici di un fiume, ma soprattutto straordinariamente sincero, perché non vi lascerà gonfi di certezze, ma ancora più dubbiosi di prima.
Se la scienza non dà garanzie, a cosa possiamo appellarci?
“Vitam regit fortuna, non sapientia” scriveva Marco Tullio Cicerone, “La vita è retta dal fato, non dalla saggezza”.

      Aceto Alessia Liceo Scientifico " E. Fermi " ( Cosenza, Calabria )

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«Se oggi sono gli umani […] a dominare il pianeta, non è perché siamo i più grandi, i più veloci o i più resistenti al freddo, ma solo perché siamo i più intelligenti. Se non avremo più questa supremazia, come possiamo pensare di mantenere il controllo?»
Questo è un quesito essenziale che l’autore di questo libro ci pone, straordinariamente in grado di mantenerlo vivo durante tutto il viaggio attraverso il quale questa lettura ci trasporta. È il chimico Gianfranco Pacchioni che, servendosi dei racconti pressoché premonitori di Primo Levi, spiega accuratamente l’evolversi di quella che è la nostra specie: i sapiens. Titolo che non poteva essere oltremodo accurato: L’ultimo sapiens - Viaggio al termine della nostra specie; edito nel 2019 per Il Mulino, in 219 pagine dense di scienza, racconti, illustrazioni e un pizzico di ironia (mai fuori luogo), si racconta accuratamente ma facilmente comprensibile la direzione verso cui la specie umana si sta, volente o nolente, catapultando in tempi sempre più ristretti e sempre più insidiosamente.
Lo scopo dell’autore è quello di illuminarci su quanto rapidamente l’uomo riesca a, decennio per decennio, superarsi sulle avanguardie e tecnologie scientifiche, senza porsi limiti di alcun genere: senza specificarlo, si riesce ad evincere quanto l’uomo abbia paura di estinguersi e di non essere più l’unico sapiens dominante sulla terra (com’era in passato), perciò sente il forte bisogno di tentare di dominare la natura, riuscendoci spesso, attraverso le fecondazioni artificiali e gli OGM: l’uomo plasma la natura in base alle proprie esigenze e a ciò che ritiene giusto sia presente al mondo, mettendo il dito sul DNA come se fosse della plastica modellabile. Primo Levi, nella sua immensa genialità, oltre a precedere le nostre quotidiane tecnologie scientifiche, ne aveva anche delineato i più crudi effetti collaterali (quali sono, però, è da scoprire dall’attenta analisi dell’autore). Oltre, quindi, alla tendenza del sapiens di assoggettare la natura al proprio cospetto, si può trarre il timore dell’estinzione, del non essere più sulla punta della piramide; perciò la ricerca verso l’eterno, l’indistruttibile ed immortale è uno dei punti salienti della ricerca scientifica odierna ma anche dei racconti di Pacchioni. Prendendo sempre in considerazione la scienza, i dati certi e gli avvenimenti più importanti dell’ultimo secolo a cavallo delle menti più brillanti, non risulta difficile riuscire a illuminarci sugli esperimenti del presente, sulle possibilità future ma, cosa più importante, non risulta assolutamente difficile riuscire a far capire pienamente al lettore la strada che stiamo percorrendo, rendendogli possibile autonomamente comprenderne i rischi e i pericoli ma anche i vantaggi: l’avanguardia non è un problema, spesso la curiosità umana lo è. Perciò l’autore sembra rivolgersi a coloro che un giorno prenderanno il posto di quegli scienziati nei laboratori: far capire i limiti verso cui l’uomo può eticamente spingersi e non agire con egoismo, non continuare a ridurre la natura ai minimi termini per le comodità dell’uomo. Riuscire a dare informazioni come se si stesse conversando vis-à-vis senza escludere i dettagli e la precisione, regalando spunti di riflessione, non è un lavoro semplice: ma l’autore ne è venuto fuori brillantemente, poiché oltre alle parole attente incise sulla carta, quello che più è necessario al giorno d’oggi è imparare a riflettere sulle nozioni e sul mondo circostante.

      Barbaro Rocco Iis Nicola Pizi ( Palmi, Calabria )

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“Che ne sarà dell’uomo?” È questa la domanda cruciale, il punto cardine attorno cui ruota l’intero libro. L’obiettivo di Pacchioni è quello di portarci a riflettere sull’essere umano, sulla sua possibile evoluzione, sul suo rapporto con se stesso e con l’ “altro”. In questo senso “L’ultimo sapiens” è un viaggio che, guardando al futuro, ci immerge ancor di più nel presente. Non è casuale, del resto, la scelta da parte dell’autore di “farsi aiutare” in questo compito da Primo Levi, che, sopravvissuto al periodo forse più buio della nostra storia, ci ricorda il pericolo del “sonno della ragione” e la necessità di una veglia “critica e autocritica”. Dallo scrittore torinese si prendono in prestito alcuni racconti fantascientifici che fanno da introduzione ad ogni capitolo. Essi sono un formidabile espediente narrativo: oltre a dare unità all’opera, collegando come un fil rouge i più disparati argomenti, colorano la lettura rendendola meno monotona e più piacevole. Anche l’autore si muove in questa direzione divulgando con una prosa semplice e leggera, permettendo di far capire quindi, anche al meno avvezzo alla materia, ciò di cui si sta parlando. In tutto questo però Pacchioni non si espone: è un narratore invisibile che non si sbilancia con la sua opinione, ma che osserva con la sua puntigliosa ironia, non preoccupandosi di dare risposte, ma solo di porre domande (e anche di una certa caratura!). Perciò non sono rari i momenti in cui il lettore viene lasciato a sé stesso, perso in un mare di dubbi e dilemmi esistenziali. Alcuni potrebbero guardare a questa astensione del giudizio come al limite del libro, tuttavia personalmente credo sia invece il suo punto di forza perché sottolinea anche un altro importante aspetto: forse una risposta non c’è. Nessuno sa quel che sarà, l’unica cosa di cui siamo certi è che dipenderà da noi non fare troppi danni. Homo faber fortunae suae (“l’uomo è artefice della propria sorte”) afferma Gianfranco Pacchioni concludendo il libro, "non ci resta che scoprire quale".

      Catalano Chiara Liceo Scientifico “a. Volta” ( Reggio Calabria , Calabria )

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GIANFRANCO PACCHIONI, L’ULTIMO SAPIENS, IL MULINO, 2019
“Gli umani del futuro, potrebbero invece essere creature molto diverse, forse irriconoscibili nei comportamenti, nei costumi, nel modo di pensare. […] Noi potremmo davvero essere gli ultimi della nostra specie. Noi potremmo essere gli ultimi sapiens”.
Benvenuti sulla Terra, luogo popolato dal rinomato Tecno-sapiens: un essere di cinquecento anni, più simile a un cyborg che a un umano, il precedente inquilino. Su questo pianeta non esiste il lavoro -per lo meno non come lo conosciamo noi-; tutti i mestieri sono stati soppiantati dalle macchine; i social media hanno avuto vita breve: ora è molto più comodo condividere un meme telepaticamente rispetto al vecchio e obsoleto metodo digitale; certo, forse spedire un regalo sarebbe più di buon gusto… non c’è problema! Basterà scannerizzarlo e inviarlo alla stampante 3D del proprio amico, ed il gioco sarà fatto.
Sembra un libro di fantascienza, non è vero? Forse sorprenderà qualcuno sapere che non lo è quasi per nulla.
“L’ultimo sapiens, Viaggio al termine della nostra specie”, tratta delle avanguardistiche innovazioni scientifiche che stanno caratterizzando il nostro tempo, ma che caratterizzeranno soprattutto i giorni a venire.
La chiave, con cui Gianfranco Pacchioni ci permette di addentrarci in questo suo talvolta ironico e mai seccante scritto, è proprio la neutralità: nonostante parli di temi controversi e complessi, l’autore riesce quasi impeccabilmente a descriverci studi e previsioni, mantenendo un atteggiamento imparziale, ad eccezione di qualche passaggio in cui le sue parole lasciano trasparire la sua posizione…
Apprezzabili sono anche le sporadiche immagini, che rendono più comprensibili alcuni argomenti troppo di nicchia; è tuttavia necessario dire che qualche passaggio risulta comunque decisamente specifico, perciò richiede più attenzione di un semplice romanzo durante la lettura.
La scelta di utilizzare le profetiche parole di Primo Levi, grande chimico oltre che scrittore eccezionale, sortisce il duplice effetto di rivelare che la fantascienza non è più così “fanta” come la si immaginava a metà del Novecento e di far scoprire al lettore un lato del poeta che molti, spesso e volentieri, non conoscono. Questo arricchisce il libro di Pacchioni con storie interessanti e racconti avvincenti, stimolando la curiosità a leggere gli scritti integrali.
Proprio la curiositas, velata di inquietudine, viene provocata già dal titolo: la nostra vita finirà come in un qualche catastrofico film di una realtà distopica? La risposta è molto più semplice di ciò che ci si aspetta, ed è scritta chiaro e tondo fra le righe di questo appassionante libro, sta solo al lettore scoprire di cosa si tratta.
In conclusione una stesura coi fiocchi. Raccomandato al centouno percento per tutti coloro i quali, pur non essendo esperti in campo scientifico, amano conoscere e approfondire, senza tediarsi con ampollose descrizioni o terminologie tortuose.

      Fialà Nicola Liceo Scientifico Statale " G.berto " ( Vibo Valentia, Calabria )

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Infin che ‘l mar fu sopra noi rinchiuso
Avete mai letto i celeberrimi versi danteschi dedicati al “folle volo” di Ulisse? Probabilmente ogni essere vivente, appartenente alla specie sapiens, ha una parte del proprio hard disk naturale occupata da un ricordo, per alcuni positivo, per altri negativo, legato alla lettura di quegli endecasillabi passati alla storia: ma misi me per l’alto mare aperto…. acciò che l’uom più oltre non si metta. Raccontano del temerario viaggio compiuto da Ulisse al di là delle colonne d’Ercole, confine del mondo e limite della conoscenza umana. Ma arrivato lì, l’eroe omerico è costretto al naufragio: ha dato troppa fiducia alla propria natura, spingendo al limite gli iniziali buoni propositi (seguir virtute e canoscenza)e finendo col considerarsi, irragionevolmente, pari agli dei dell’Olimpo.

Non si tratta di un noioso o antico racconto tramandato sin dai tempi della guerra di Troia per addormentare i bambini greci o per allietare i simposi dei filosofi. E’ il ritratto, invece, della società moderna e di ciò a cui tutti noi assistiamo quotidianamente: negli ultimi cento anni l’uomo ha acquisito la consapevolezza di poter fare grandi cose, di poter essere padrone di una realtà in cui egli è comparso, citando l’astronomo Carl Sagan, sabato sera a mezzanotte meno 23 secondi (se la storia della terra venisse condensata in soli sei giorni come quelli della creazione della Genesi). E solamente negli ultimi 25 millesimi ha intrapreso la sua corsa verso le colonne d’Ercole, guidando un macchinario di ultima generazione- simile alla Millennium Falcon di Guerre stellari o alla Planet Express di Futurama- con la sola forza del pensiero, stando seduto in un laboratorio, circondato da scienziati sintetici dai corpi meglio delineati del Doriforo di Policleto o dell’Uomo vitruviano di Leonardo, identificati tutti da uno stesso nome ma da un numero romano diverso.

Un tema al confine tra realtà e fantasia trattato magistralmente da Gianfranco Pacchioni nel suo ultimo libro “L’ultimo Sapiens. Viaggio al termine della nostra specie”. Il chimico italiano, da sempre accanito lettore dei racconti di Primo Levi, si fa accompagnare proprio da quest’ultimo, come una sorta di Virgilio, nel viaggio alla scoperta dei giant leaps compiuti dai sapiens in campo tecnologico nel corso dell’ultimo secolo. Sono sette i racconti di Levi, che ne fanno un vero visionario, sintetizzati dall’autore a mò di sfondo all’analisi di svariati argomenti: dalla storia ‘passata’ dell’intelligenza artificiale alla rivoluzione industriale presente e futura, come la biologia sintetica, le nanotecnologie o l’interazione cervello-macchina.

Argomenti all’apparenza così complessi e oscuri che vengono invece presentati con estrema semplicità dall’autore con una sola ragione di fondo che si cela dietro L’ultimo Sapiens: aprire gli occhi al lettore e farlo assistere al film che ha costantemente davanti e che molti non riescono a vedere. Sta accadendo qualcosa che non accade da 300.000 anni: l’inizio di una nuova era, direbbe Jovanotti, un addio alla specie dei Vetero-Sapiens e un benvenuto a quella dei Tecno-sapiens.

“L’ultimo Sapiens” è dunque un libro per chiunque, per ogni sapiens volenteroso di seguire il viaggio della sua specie degli ultimi anni, con quella stessa adrenalina che ha infiammato l’umanità intera il 20 luglio 1969 per la diretta dello sbarco sulla Luna.

      Nicolò Vincenzo Liceo Scientifico “a. Volta” ( Reggio Calabria , Calabria )

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Gianfranco Pacchioni ne L'ultimo Sapiens descrive un futuro prossimo nel quale l’uomo sarà profondamente diverso da oggi e da ieri (non migliore o peggiore, ma sicuramente diverso). Nel corso dell’esistenza umana si sono susseguiti notevoli cambiamenti riguardo la sua essenza, ma se nel passato questi avvenivano così lentamente da non semplificare la vita rendendola solo più prevedibile, è stato l'uomo moderno a cambiare bruscamente la natura dell'avvenire, armato di rigore scientifico e formato ad un'analisi paziente e minuziosa, spostando i confini dell'ignoto. L’uomo del XXI secolo, intrecciando dati storico-sociali con quelli scientifico-ambientali, si è preso delle libertà nella previsione del futuro, attraverso il braccio operativo della tecnologia. Pacchioni come il catalizzatore in una reazione chimica, apporta interesse, stimola la curiosità e anche una legittima inquietudine sui possibili futuri che si prospettano. La peculiarità di tale libro sta nel fatto che il progresso tecnologico è filtrato attraverso la visione di Primo Levi, che nei suoi scritti, Storie Naturali e Vizio di Forma, aveva fatto intravedere l'evoluzione degli strumenti allora conosciuti in qualcosa in grado di cambiare la società. E Pacchioni, con una semplicità disarmante, riesce a combinare i racconti fantastici di Levi con la sua visione disincantata del reale in un viaggio coinvolgente. L’immersione nella lettura è estremamente piacevole: l’autore, con la precipua virtù dell'uomo di scienza, senza essere mai banale, esprime con sagace competenza il suo pensiero, suggerendo a chi legge la chiave per districarsi tra le lecite difficoltà intrinseche del testo. Non ultimo pregio di questo libro, è stato quello di rinverdire un intellettuale italiano dei più emblematici del secolo scorso, riscoprendone alcuni aspetti piuttosto interessanti. L'uomo ha fatto della curiosità la sua principale arma evolutiva, stimolando l’intelligenza per produrre dominanza, ha sempre cercato di sapere di più e di sfruttare le conoscenze per migliorare la propria esistenza; e il progresso, in preda ad un'asfissiante crescita esponenziale, lo ha esposto costantemente a dei cambiamenti molto profondi, ai quali egli fatica ad adattarsi. Ma, se Primo Levi sembra convinto dall'idea che l'uomo possa fermarsi prima delle Colonne d'Ercole, dalle parole di Pacchioni emerge un totale scetticismo sulle capacità della ragione umana di prevalere, discernendo il bene dal male, poiché, gran parte degli sviluppi esposti potrebbero essere già realizzabili ma sono frenati dalle norme etiche imposte dalla tradizione occidentale.
Il rischio previsto da Pacchioni è quello di assuefarsi a processi così rapidi che nessuna governance politica sia in grado di gestire. Tali processi precedono le stesse capacità di comprenderli: la rapidità del progresso supera la velocità della sua assimilazione nel quotidiano nel momento in cui si sviluppa una evoluzione tecnologica la società impone un calmiere morale ma la scienza è già andata oltre. La conoscenza e la consapevolezza degli eventi impone una rinnovata responsabilità e reclama nuovi confini etici.
Alla fine, l'approccio di Pacchioni riporta ad una visione antropologica ispirata ad un'equilibrata combinazione di scetticismo e solidarietà, distacco ed empatia, controllo e variabilità.
L'ultimo Sapiens non guarda al futuro, guarda nel presente. Non vuole dare delle risposte, bensì insinuare qualche domanda.

      Amoroso Giovanna Liceo Carlo Urbani ( San Giorgio A Cremano, Campania )

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Il libro “L’ultimo sapiens” di Gianfranco Pacchioni è un viaggio affascinante al termine della specie umana. Attraverso le brillanti riflessioni anticipatrici di Primo Levi, l’autore presenta in chiave ironica e con grande senso critico, cosa sta accadendo nel mondo in cui viviamo. La storia dell’umanità sta vivendo un cambiamento epocale: lo sviluppo tecnologico è sempre più avanzato e ha assunto dei ritmi mai conosciuti in precedenza che stanno sconvolgendo radicalmente la società. Ho scelto di leggere questo libro perché provo da sempre grande curiosità verso i misteriosi scenari futuri del mondo, così appena mi è stato proposto questo progetto non ho esitato a cogliere l’occasione. Non sono affatto pentita della mia scelta, mi sono lasciata trasportare dalla lettura molto piacevole e scorrevole che mi ha permesso di viaggiare con la fantasia, perdermi nei miei stessi pensieri tanto da pormi alcune domande: “fino a che punto permetteremo alla tecnologia di plasmare le nostre vite? Diventeremo marionette nelle mani di un sistema di cui siamo artefici?”
Pacchioni illustra che il confine tra artificiale e naturale è sempre più sottile e forse potrebbe diventare indistinguibile, pertanto tratta in maniera multidisciplinare le numerose innovazioni dell’ultimo decennio come: stampanti 3D,biostampanti, clonazione, organoidi, visori di realtà virtuale e sistemi di riconoscimento facciale: se da una parte questi progressi hanno una notevole potenzialità, dall’altra l’irresponsabilità dell’uomo e la sua avidità di potere potrebbero compromettere gli obiettivi degli scienziati. Tuttavia, grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale sono stati fatti grandi passi avanti, ad esempio è possibile colloquiare con le macchine: si tratta di assistenti vocali a cui si pongono domande di ogni genere che fino a poco tempo fa si facevano a un amico o si cercava risposta sfogliando un’enciclopedia. È molto interessante il funzionamento delle macchine molecolari, che potrebbero però sfuggire al nostro controllo esponendoci ad attacchi dannosi, primi tra questi i virus. Mai come in questo momento storico, il messaggio è purtroppo drammaticamente attuale a causa della pandemia di COVID19 che ha sconvolto la nostra vita. La virologia è una scienza molto sviluppata, ma, come sottolinea l’autore, bisogna prestare attenzione perché non abbiamo nessuna protezione del tutto sicura. Non credevo che un libro di carattere scientifico potesse essere così stimolante e coinvolgente, e soprattutto darmi una panoramica generale delle sperimentazioni in sole 200 pagine, ampliando notevolmente il mio bagaglio culturale. Penso che il grande merito dell’autore è stato quello di intrecciare le più moderne innovazioni tecnologiche con gli interrogativi che Levi poneva con intelligenza nei suoi scritti e che, come ho potuto osservare, si sono rivelati reali e concreti, di un’attualità sconcertante. La cosa che apprezzo di più è che “L’ultimo sapiens” non è un testo di pura divulgazione esclusivamente a carattere informativo, ma al contrario, l’autore prende posizioni e argomenta su tutto ciò che esprime; forse è per questo che mi sono sentita direttamente coinvolta durante la lettura. Unica pecca del libro è che sono spesso sottolineati con maggior forza gli aspetti negativi della tecnologia che le conseguenze positive ma, nonostante ciò, consiglio vivamente questo libro a tutti i sognatori che, come me, hanno voglia di immaginare quale potrebbe essere il destino dell’uomo!

      Bottiglieri Chiara Liceo Scientifico Statale Alfred Nobel ( Torre Del Greco, Campania )

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L’ultimo Sapiens di Gianfranco Pacchioni è un saggio di divulgazione scientifica edito da “Il Mulino” e pubblicato nel 2019. Questo libro concentra la sua attenzione su un futuro utopico che pone le basi sui colossali progressi scientifici che l’uomo sta compiendo, passo dopo passo, negli ultimi decenni. Pacchioni con la sua personalità ilare e la sua scrittura coinvolgente ci immerge in un accattivante itinerario che parte dalla creazione del mondo, in termini tutt’altro che biblici, ma altrettanto spettacolari a una rassegna delle tecnologie più promettenti degli ultimi anni.
Il tratto distintivo dell’opera sta certamente nella struttura di ciascuna sezione. Ad aprire ogni capitolo è la visionaria penna di Primo Levi che con i suoi racconti ci fa fare un vero e proprio salto nel futuro, tanto lontano per lui, ma così attuale per noi. Pacchioni attraverso questo incipit tesse, con umile spirito da osservatore e spunti autobiografici, la storia di nanotecnologie, intelligenza artificiale e molti altri capolavori della scienza che dai racconti di uno scrittore del dopoguerra prendono vita nel nostro presente, sotto i nostri occhi, spesso più attenti all’uscita del nuovo smartphone che alle avanguardie.
Dei possibili lettori potrebbero credere di essere travolti da una marea di date e informazioni sin dalla prima pagina, in realtà a contraddistinguere questo libro è proprio la scrittura scorrevole e tutt’altro che pretenziosa. Pacchioni si presenta quasi come un amico di chi legge con commenti ironici, citazioni cinematografiche e continui spunti che vanno dalla musica ad applicazioni che valutano la bellezza con a disposizione solo qualche foto. Il trasporto che crea il testo e il fatto che possiamo toccare con mano, grazie ai suoi consigli, meraviglie della tecnologia sparse per la rete, rende questo saggio sorprendentemente interattivo.
La scrittura però, non sarebbe completa se non si scoprisse l’altro lato della medaglia, cosa che il nostro autore fa con uno spirito critico che si concentra sull’etica, da sempre avversaria di certe bizzarrie proposte dalla scienza, come ad esempio la clonazione. “Superate le Colonne d’Ercole, nulla ci fermerà più” esordisce Pacchioni con una visione tutt’altro che propositiva. Come Levi anche lui fa intuire cattivi presagi che sono quelli che attirano di più gli interessati a comprare il libro. Tutti sono attratti da sapere ciò che ci riserverà il futuro e Pacchioni con il suo libro ci dà un assaggio, nel bene e nel male, di un avvenire fantascientifico. L’interrogativo dell’autore è: sapremo distinguere, nella nostra corsa verso la perfezione, la differenza tra utopia e distopia?

      Calabrò Mimma Liceo Scientifico Statale " A. Diaz " ( Caserta, Campania )

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«Introdussi il dado nella cella A, ed attraverso il vetro osservai con attenzione quanto avveniva nella cella B durante la duplicazione. Avveniva qualcosa di estremamente interessante: il dado si formava gradualmente, come se crescesse dal fondo della cella».
Sebbene il brano di Primo Levi appena citato sia stato scritto nel lontano 1966, l’analogia tra il “MIMETE” (ingegnoso macchinario duplicatore il cui funzionamento è stato descritto nel testo soprastante) con le odierne stampanti 3D è impressionante. Leggendo i suoi racconti “fantascientifici” le similitudini con ciò che accade oggi sono evidenti e continue. Come è possibile che sia riuscito a vedere così chiaramente, con la sua fantasia, lo sviluppo della nostra tecnologia del terzo millennio? E quale orizzonte possiamo immaginare noi per le future tecnologie nei prossimi decenni? Tali domande sono evidentemente collegate alla nostra apprensione per il “lato oscuro” della tecnologia e al timore che l’uomo non sia in grado di fermarsi prima che le sue invenzioni gli si ritorcano contro: non c’è bisogno di scomodare il cinema degli anni ’70 (si pensi a L’uomo terminale di Mike Hodges) per mettere in evidenza che la tecnologia porta con sé non solo benefici, ma anche rischi. Tutto ciò la rende, a un tempo, tanto attraente quanto pericolosa...
Sono questi gli spunti che animano il saggio del 2019 di Gianfranco Pacchioni – prorettore alla ricerca nell’Università di Milano-Bicocca – dal titolo L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie, concentrato in particolare sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale e sulle potenziali conseguenze: una su tutte, quella che le macchine, una volta superata l’intelligenza umana, possano prendere il sopravvento e sostituire l’uomo alla guida del mondo: «Se oggi sono gli umani [...] a dominare il pianeta, non è perché siamo i più grandi, i più veloci o i più resistenti al freddo, ma solo perché siamo i più intelligenti. Se non avremo più questa supremazia, come possiamo pensare di mantenere il controllo?». Si tratterebbe di una nuova, ulteriore umiliazione per il Sapiens, dopo quelle di Copernico (che lo ha spodestato dal centro dell’universo), di Darwin (che ha reso l’uomo poco più di una “scimmia evoluta”) e di Freud (per il quale, dopo la scoperta dell’inconscio, “l’uomo non è più padrone a casa propria”).
Ma sono tanti altri gli argomenti che Pacchioni – sempre affiancato dai testi di Primo Levi – affronta nel volume, costantemente in bilico fra entusiasmo per la novità e preoccupazione per le conseguenze: dalla sintesi in laboratorio di tessuti organici allo sviluppo caotico di Internet, dalle nanotecnologie alla clonazione. Per concludere che – con un’esposizione chiara, fluente e ricca di esempi che si presta alla lettura anche da parte dei “non addetti ai lavori” – nessun progresso della tecnica è veramente tale se non è, al contempo, un progresso umano. E che, se nuova e più tecnologia dev’esserci al mondo, dev’essere per il bene di tutti e non di minoranze abbienti e ristrette. In una bella edizione rilegata a filo, edita il Mulino nella collana Intersezioni.

      Parnolfi Francesca Liceo " Ischia " ( Ischia, Campania )

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L’ultimo Sapiens, viaggio al termine della nostra specie è un libro di divulgazione scientifica scritto da Gianfranco Pacchioni, laureato in Chimica presso l’Università degli Studi di Milano nel 1978, e pubblicato nel 2019 dalla casa editrice il Mulino.

“Nell’arco di una settimana della storia della terra, noi occupiamo gli ultimi 180 secondi, e per giunta solo negli ultimi 25 millisecondi abbiamo cominciato ad incidere sui processi che avvengono sul pianeta”.

Così inizia il viaggio condotto da Pacchioni dall’inizio della nostra esistenza fino a giungerne al termine. Ci stiamo evolvendo in maniera esponenziale, tant'è che arriveremo al punto che di noi non resterà più nulla, probabilmente a dominare sulla terra saranno solo macchine immortali, i cosiddetti robot.

Facciamo un passo indietro, però, tutto è cominciato a cambiare dalla scoperta della pila di Alessandro Volta nel 1799, dalla lampadina di Thomas Alva Edison nel 1879 e dal telefono di Antonio Meucci nel 1871. Da qui la tecnologia ha assunto dei ritmi mai visti in precedenza. Siamo passati dalle stampanti, alle stampanti 3d e perfino alle biostampanti 3d in grado di riprodurre addirittura tessuti, cellule, organi, in archi di tempi sempre minori. Inoltre, la clonazione, la manipolazione del codice genetico, i sistemi di riconoscimento facciale in grado di identificare addirittura l'orientamento sessuale di persone, anche se con margini di errore ancora alti, sono scoperte che fino a 30 anni fa nessuno aveva nemmeno mai immaginato, eppure stiamo sviluppando tecnologie sempre più avanzate e in tempi sempre più brevi. La cosa più sorprendente, però, è stato lo sviluppo di nanotecnologie, macchine che autoapprendono, di intelligenze artificiali e addirittura superumani.
Tuttavia si verificherà una fase di transizione in cui nel mondo convivranno sapiens supertecnologici e persone ormai inutili che verranno a poco a poco sterminati dai primi.

In questo viaggio ci accompagna Primo Levi, primo ad intuire l'evoluzione tecnologica e scientifica di noi esseri umani, a partire dalla Rete, al versificatore (una macchina che genera poesie), al Mimete (una stampante 3d), al Calometro (un misuratore di bellezza) infine alla realtà virtuale, e probabilmente anche a intuirne la fine nell'opera “Vizio di forma” del 1971.

Varrà davvero la pena sviluppare tecnologie che supereranno la nostra intelligenza al punto di scomparire? Come dicevano i latini "Homo faber fortunae suae", l’uomo è artefice del proprio destino, il nostro futuro e quello dei nostri discendenti è nelle nostre mani. Saremo in grado di fermarci in tempo?

      Brigidi Lucrezia Liceo Statale Volta-fellini ( Riccione, Emilia Romagna )

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L’ULTIMO SAPIENS

“[...] lo sviluppo tecnologico ha assunto dei ritmi mai conosciuti in precedenza, una velocità tale che rende difficile stare al passo, che produce cambiamenti sociali profondi senza che la società riesca ad adattarsi ad essi, sempre alla rincorsa di nuovi ritrovati e sempre obbligata a cambiare le proprie abitudini e i propri ritmi per <<digerire>> le nuove tecniche.”
Il chimico e accademico italiano Gianfranco Pacchioni scrive il perspicace saggio “L’ultimo sapiens, viaggio al termine della nostra specie”, pubblicato dalla casa editrice “il Mulino” nel gennaio del 2019, con l’intento di far conoscere al lettore la storia delle nuove tecnologie, evidenziando sia i punti di vista positivi che quelli critici riguardo ad un futuro orientato sul cambiamento e sullo sviluppo tecnologico.

Il libro viene introdotto dalla premessa di Telmo Pievani, dove già viene trattato il fulcro principale dell’opera: la velocità del cambiamento. Questo cambiamento viene analizzato nel dettaglio, esplicitando l’impatto che le nuove tecnologie hanno su di noi e soffermandosi sulle azioni di cui siamo fautori e vittime. L’originalità di Pacchioni consiste nell’usufruire delle opere di Primo Levi, “Vizio di forma” (1971) e “Storie naturali” (1966), per creare un parallelismo tra la sua riflessione critica e le intuizioni di Primo Levi, il quale aveva una visione futuristica ed è stato capace di anticipare temi moderni, che un tempo potevano essere associati solamente alla fantascienza. Alcuni dei principali temi affrontati sono: la realtà virtuale, il codice genetico, le stampanti 3D, la clonazione e i sistemi di riconoscimento facciale. Estrapolando brevi passaggi dalle opere dello scrittore torinese, l’autore riesce ad esprimere quanto sia sconcertante la nostra attualità: noi non siamo consapevoli di un cambiamento, riteniamo che le tecnologie possano renderci onnipotenti e che siano solamente un bene per l’umanità, ma in realtà si stanno evolvendo sempre di più e potrebbero diventare persino più intelligenti dell’uomo stesso, per poi acquistare indipendenza. La domande più plausibili che ci potremmo porre sono: “Questo che cosa comporta? Quali saranno le conseguenze?”. La possibilità dell’estinzione dell’Homo sapiens è una delle tante risposte, una fine tragica che sembra quasi irreale, ma non impossibile.

Pacchioni affronta temi molto interessanti che riguardano l’attualità; utilizza uno stile diretto e pungente, che cattura l’attenzione soprattutto grazie all’utilizzo di interrogative che portano il lettore a riflettere. Nel complesso si presenta come un saggio abbastanza scorrevole e fulgido, vivacemente esposto ma che al contempo trasmette inquietudine; è istruttivo e affronta con accuratezza e precisione i temi trattati.

Questo saggio dà la possibilità di riflettere su una tematica attuale offrendo numerose nozioni e oltretutto molto interessanti. Tratta un problema incombente del quale tutti ci dovremmo preoccupare poiché il rischio è quello di toccare il fondo e non poter più tornare indietro; dobbiamo renderci conto del cambiamento che la tecnologia sta portando nelle nostre vite perché in gioco c’è il futuro della nostra specie. “Già, perché proprio questa è la domanda: saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole? Homo faber fortunae suae, dicevano i latini, l'uomo è artefice della propria sorte. Non ci resta che scoprire quale.”

      Frabetti Valentina Liceo E. Fermi ( Bologna, Emilia Romagna )

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Il libro pubblicato dalla casa editrice Il Mulino non è soltanto un’opera di divulgazione scientifica; Gianfranco Pacchioni nel 2018 ha creato, infatti, un manuale intelligente, dedicato a noi che gradualmente ci stiamo affacciando ad un futuro invitante e luminoso, ma che rischia di essere accecante.
Il titolo del libro è L’ultimo sapiens; “sapiens” è l’unica specie del genere Homo che è sopravvissuta, ma ciò che del titolo fin da subito incuriosisce è l’accostamento dell’aggettivo “ultimo” al sostantivo. Il perché di questo collegamento viene anticipato da Pacchioni fin dal primo capitolo e viene esemplificato nei sette successivi: «Gli umani del futuro, […], potrebbero […] essere creature davvero molto diverse, forse irriconoscibili […]. Noi potremmo davvero essere gli ultimi della nostra specie […] gli ultimi sapiens».
Nel libro si legge che «la vita di una persona che lavora nei campi ha subito più trasformazioni negli ultimi 100 anni che nei precedenti 10000»; tale concetto risulta estremamente vero anche per il progresso tecnologico ed è proprio su quest’ultimo che si concentra Pacchioni. La comparsa della tecnologia, nelle sue svariate forme, ha già profondamente modificato il modo di vivere di ognuno, spesso inconsciamente, e di essa si prospetta una crescita esponenziale per l’imminente futuro.
Negli otto capitoli si legge di progetti, studi e invenzioni davvero affascinanti: biostampanti 3D, microdispositivi che interagiscono con il cervello, sistemi di riconoscimento biunivoco che utilizzano il viso. Allo stesso tempo però, sempre citando l’autore, «una società complessa come quella verso cui ci avviamo è anche tremendamente fragile» e quindi, qualora il progresso ci spinga troppo in là, riusciremo a mantenere il controllo, o sapremo fermarci?
Un plausibile quadro del futuro lo ha offerto Primo Levi, i cui racconti fantastici intervallano i capitoli e ne sono quasi la base. È come se Levi nel Novecento avesse posseduto una sfera di cristallo e fosse stato capace di prevedere il futuro; è incredibile come effettivamente ciò su cui Levi voleva allertarci stia concretamente avvenendo.
Con un linguaggio specifico, ma da tutti accessibile, Pacchioni presenta gli attuali ambiti di ricerca più innovativi, tra cui le nanotecnologie, e alcuni ambiziosi progetti, incredibili a dirsi, ma così «maledettamente reali», in un crescendo continuo per tutta la lettura del testo. Il libro, infatti, si snoda come un climax ascendente che impedisce di annoiarsi; ogni pagina stimola così tanto la curiosità che in poche ore di lettura si è finito il libro e ci si sente quasi sopraffatti.
Sono passati alcuni giorni da quando ho terminato la lettura di questo libro, eppure, ancora adesso un senso di angoscia mi pervade. L’autore non ha infatti cercato di mitigare l’avvenire, ma l’ha descritto con efficace realismo, a mio avviso l’unico strumento in grado di suscitare riflessioni.
Il libro è ingegnosamente strutturato: all’interno di ogni capitolo, i primi paragrafi incuriosiscono per l’efficacia e l’utilità della tecnologia o del progetto descritti, ma subito dopo Pacchioni presenta la degenerazione degli stessi e le preoccupanti conseguenze, presentando il progresso come la peggior droga in circolazione.
L’ultimo sapiens è inevitabilmente un libro rivelatore, perché «l’uomo è artefice della propria sorte» e solo con mezzi come questo testo ce ne ricordiamo. E se è l’uomo l’artefice, chissà come l’autore avrebbe trattato la questione del Covid-19.

      Poschi Luca Liceo E. Fermi ( Bologna, Emilia Romagna )

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Il saggio, edito da “il Mulino” nel 2019 è opera di Gianfranco Pacchioni, chimico e accademico italiano, attivo nel campo della chimica teorica e computazionale, fino al 2019 Prorettore alla ricerca nell’Università di Milano - Bicocca.
L’autore affronta il tema del futuro dell’ homo sapiens così come è oggi, in conseguenza delle più recenti e avveniristiche scoperte nell’ambito dell’intelligenza artificiale, delle neuro scienze e delle nano tecnologie.
Approfondisce inoltre la caratteristica che contraddistingue gli uomini rispetto agli altri esseri viventi, ossia la loro capacità di piegare il più possibile l’ambiente alle loro esigenze, che ha consentito loro di diventare la specie dominante sulla Terra.
Le riflessioni dell’autore si intrecciano continuamente con citazioni da opere di Primo Levi, nelle quali sono presenti molte profetiche anticipazioni di numerose innovazioni tecnologiche attualmente in uso nella vita quotidiana di tutti noi.
Pacchioni affronta le tematiche con ironia ma con senso molto pratico, da uomo di scienze quale è, soffermandosi maggiormente sulle conseguenze nella vita concreta delle nuove scoperte tecnologiche, solo accennando alle inevitabili implicazioni etiche collegate a questa vera e propria rivoluzione scientifica, mentre lascia al lettore le riflessioni di tipo morale.
Le pagine scorrono velocemente grazie al linguaggio fluido, semplice e familiare; i numerosi esempi riportati dall’autore agevolano molto la comprensione dei concetti che vengono espressi, talvolta strappandogli un sorriso.
I riferimenti a Primo Levi, del quale vengono riportati in tutto il saggio diversi passi delle sue opere, sono sempre appropriati e correttamente inseriti, senza mai appesantire il testo; suscitano sempre un senso di stupore nel lettore nel verificare con quanto anticipo lo scrittore piemontese avesse immaginato alcune delle scoperte che sono per noi realtà quotidiana.
Il saggio è molto stimolante e offre un quadro chiaro e completo di come le ultime tecnologie e scoperte scientifiche stiano rivoluzionando la nostra società e la nostra quotidianità.
L’autore però, proprio alla fine, termina la sua funzione di guida rassicurante per il lettore, al quale lascia in eredità, non senza un certo senso di sgomento, la grande incognita che si chiama “futuro”.

      Raspadori Enrico Liceo E. Fermi ( Bologna, Emilia Romagna )

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In un mondo dove lo sviluppo tecnologico si fa sempre più rapido ed impattante, Gianfranco Pacchioni
scrive “L’ultimo sapiens”, in cui contrappone l’evoluzione della specie umana a quella dei suoi prodotti.
Nella stesura del libro, l’autore riporta alcuni racconti scritti dal compianto Primo Levi, realizzati a partire
dalla metà del secolo scorso, nei quali i protagonisti hanno a che fare con apparecchi tecnologici
notevolmente avanzati. Levi si immagina quale impatto potrebbero avere nel sociale certi dispositivi che
allora ancora non esistevano, dimostrandosi quasi come un oracolo. Pacchioni, oltre a sottolineare quanto
lungimirante sia stato l’autore di “Se questo è un uomo”, mette in evidenza come la tecnologia si sia
evoluta nel tempo, ponendosi a servizio dell’uomo nei più disparati ambiti. Il libro è ricco di spunti utili a
proiettare il lettore in uno scenario sempre più condizionato dal potere delle macchine, sia nel bene che nel
male. Un interessante argomento di discussione riguarda ad esempio il ruolo delle nuove intelligenze
artificiali che, per quanto utili possano diventare, si pensa che mai potranno sostituire gli esseri umani
acquisendo emozioni, spirito critico ed estro artistico. Ma saremo sempre convinti di ciò? Ovviamente né
l’autore né Levi forniranno una risposta, ma gli spunti per riflettere su questo quesito non mancano, tutto
ciò che resta al lettore è usare la propria fantasia e attendere quali sorprese avrà per noi il futuro.
Il libro è facilmente fruibile anche a chi non ha grandi conoscenze in ambito scientifico; Pacchioni è abile a
contestualizzare e spiegare gli argomenti trattati in modo efficace, riportando frequentemente le fonti da
lui usate, cosicché i più interessati possano usufruirne per approfondire un qualsiasi tema discusso nei vari
capitoli e paragrafi del libro. A rendere ancora più godibile la lettura sono le citazioni dei testi di Primo Levi,
il quale, così come Pacchioni, nasce chimico, ma il contributo più grande lo dà come umanista,
permettendo al lettore di prendere alcune pause dalla sezione più scientifica del libro e fornendo quegli
argomenti di riflessione che evitano di rendere il libro piatto. “L’ultimo sapiens” riporta una lettura del
futuro scientifica e razionale, il che la rende estremamente interessante poiché col passare del tempo
molte ipotesi, idee e progetti teorizzati o riportati da Gianfranco Pacchioni potrebbero realizzarsi
concretamente. Anzi, è già successo! Pacchioni, in quanto docente universitario, confessa di rivolgersi
spesso ai suoi studenti proponendo loro di approfittare della sua presenza in aula, perché ben presto il
modo di fare lezione cambierà. A distanza di solo un anno, gli studenti si sono visti costretti a seguire le
lezioni via web a causa del Covid-19.
Quella riportata è solo una delle varie previsioni che si sono avverate, o che molto probabilmente lo
saranno a breve, ma molte ipotesi appartengono ancora alla dimensione della fantascienza.
Oltre a fornire tutte le informazioni tecniche necessarie per costruirsi un ideale del “mondo di domani”,
“L’ultimo sapiens” è consigliato anche perché sa far pensare, e l’uomo è rimasto ancora l’unico in grado di
farlo. Per scoprire se un giorno le tecnologie saranno tanto sviluppate da replicare anche il
cervello umano, così da annullare ogni tipo di supremazia della nostra specie, Pacchioni condivide
interessanti spunti di riflessione e, grazie a questa piacevole e scorrevole lettura.

      Venturi Carlotta Liceo E. Fermi ( Bologna, Emilia Romagna )

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L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie.

L’ultimo sapiens di Gianfranco Pacchioni è un saggio di divulgazione scientifica pubblicato dalla casa editrice "Il Mulino" nel febbraio 2019.
Gianfranco Pacchioni, noto chimico italiano, è prorettore alla ricerca nell’Università di Milano-Bicocca dove è stato direttore del Dipartimento di Scienza dei materiali.
“Immaginiamo un futuro in cui sapiens supertecnologici controlleranno, con le loro intelligenze avanzate, il mondo; mentre altri sapiens desueti, saranno relegati a un ruolo marginale. Uno scenario solo fantascientifico? Oggi l’intelligenza artificiale, le neuroscienze, le nanotecnologie, la genetica modificano in modo sempre più vertiginoso il rapporto tra l’uomo e la natura.”
L’ultimo sapiens illustra, quindi, il progresso della tecnologia grazie ai continui racconti di Primo Levi, affrontando ampie tematiche quali l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la rete Internet, le biostampanti 3D, le nanotecnologie, la genomica umana, fino a giungere al termine del genere umano: l’ultimo sapiens. Dunque, questo originale saggio fa riflettere i lettori sul destino dell’umanità: il salto di specie; infatti, Pacchioni compie un’analisi antropologica e sociologica ponendosi interessanti domande sul futuro della nostra specie (“Cosa siamo dunque? E cosa stiamo diventando?”).
La narrazione è scorrevole e brillante, sebbene tratti temi complessi, i quali richiedono tempo per essere compresi, ma, dovendo esprimere concetti tecnici specifici, talvolta i termini utilizzati risultano di difficile comprensione, poiché appartenenti al campo semantico tecnico-scientifico. La vivace narrazione, attraverso gli estratti dei racconti d’invenzione di Levi, scorre in contemporanea alla riflessione critica di Pacchioni, dando così all’opera un elemento di grande originalità. Inoltre, raramente vengono inserite delle immagini accanto al testo con la funzione di descrivere e spiegare più chiaramente di cosa si sta parlando.
È decisamente utile leggere il libro di Pacchioni a scuola, in quanto permette agli studenti di applicare la fisica e la scienza, studiate nel corso degli anni, anche all’attualità e allo sviluppo in ambito tecnologico.
Un grande dubbio che assilla molti al giorno d’oggi riguardo il pericolo dell'intelligenza artificiale è il confine entro il quale le macchine possono fermarsi: in effetti è piuttosto preoccupante non saper fino a dove potrà spingersi lo sviluppo delle tecnologie. Potrebbe infatti succedere che, sviluppando una super intelligenza artificiale, questa si alimenti producendo macchine sempre più avanzate che arriveranno a sostituire completamente l’uomo, sviluppando un’intelligenza superiore a quella umana. Infatti, purtroppo, vi è indubbiamente la possibilità che la tecnologia possa sfuggire di mano e che possa essere un rischio e un pericolo per l’umanità.
Mi ha colpito particolarmente l’immagine distopica che L’ultimo sapiens presenta, soprattutto considerando quanto la tecnologia sia già oggi parte integrante della nostra vita quotidiana. Il rapido progresso tecnologico sta modificando la realtà in cui viviamo, tanto da poter osservare modi diversi di agire nelle relazioni e nella quotidianità.
“Saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole, come si chiedeva Primo Levi? Homo faber fortunae suae, dicevano i latini, l’uomo è artefice della propria sorte. Non ci resta che scoprire quale.”

      Forestieri Francesco Isacco Newton ( Roma, Lazio )

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L’ultimo Sapiens Viaggio al termine della nostra specie
È un titolo piuttosto incisivo specialmente se attribuito ad un saggio.
In realtà poi, Gianfranco Pacchioni si discosta dalla linea catastrofistica del titolo dando la possibilità al pubblico di decidere se effettivamente vuol essere o meno l’ultimo sapiens.
Ma facciamo un passo indietro
Pacchioni sembra avere le idee molto chiare della vita dell’uomo sulla terra, specialmente del breve arco di tempo in cui noi del secolo XXI siamo suoi ospiti e ci stiamo guadagnando in tempi record l’attributo di “indesiderati”. Ciò dal momento che, come afferma l’autore, riassumendo la storia della terra in una settimana noi occupiamo gli ultimi 180 secondi e solamente negli ultimi 25 millisecondi abbiamo cominciato a incidere sui processi che avvengono sul pianeta in cui abitiamo, sino al punto di stravolgere gli equilibri delicati che la natura ci ha trasmesso.
Da questa considerazione nascono dei punti di domanda: cosa stiamo diventando? Saremo in grado di controllare le nuove tecnologie? Pacchioni, con un tono pacato ed uno stile espositivo impeccabile si limita ad offrire una panoramica della mutazione antropologica improvvisa che l’uomo vede inevitabilmente venirsi addosso: se per millenni la vita dell’uomo è stata pressoché la stessa, di certo non si possono prevedere gli effetti di un così radicale cambiamento che le nuove tecnologie stanno portando avanti da poco meno di un secolo. In fondo 25 millisecondi non sono neanche un sesto del tempo in cui si verifica un riflesso nervoso.
Pacchioni propone brevi estratti di alcuni racconti di Primo Levi, con i quali non solo rafforza le sue teorie ma mette in parallelo il suo pensiero con quello dell’autore come se trovasse in lui conforto dalla responsabilità delle constatazioni espresse nel saggio. Levi era un visionario, le sue teorie risalenti agli anni 70 si rivelano estremamente veritiere e sono l’espressione di un processo deduttivo che sarà utile a Pacchioni per perseguire nel suo intento: svelare i lati più oscuri delle nuove tecnologie e i scenari a cui potrebbero dar luogo. A questo punto le speranze dell’autore si ripongono nel buon senso delle nuove generazioni e il testo si carica di un carattere etico e morale: fin dove si spingerà l’uomo? Allora afferma: “arriverà il momento in cui biostampare un fegato costerà di meno che comprare animali da sperimentazione dato che questi vengono allevati da aziende superspecializzate con costi altissimi. Se ridurremo la sofferenza dei nostri vicini sarà per profitto, non per benevolenza”. Ebbene si, l’economia corre in parallelo allo sviluppo tanto che ormai è la società che deve continuamente mutare per assorbire l’impatto delle nuove tecnologie, ciò non fa altro che allargare quella crepa che a breve dividerà il mondo in Tecno-sapiens e Vetero-sapiens.
Dal momento che i fatti narrati coinvolgono l’intera umanità, l’autore stesso è chiamato in causa e si avvicina al lettore facendo ricorso ad un linguaggio piuttosto colloquiale e a tratti comico che smorza la freddezza tipica di un saggio tecnico-scientifico ma mantiene il rigore necessario per trattare temi etici di una certa rilevanza.
Levi ieri, e Pacchioni oggi, congedano le loro opere riponendo le loro speranze nelle mani propri lettori: Homo faber fortunae suae, così dicevano i latini, l’uomo è artefice del proprio destino; e continuerà ad esserlo finché saranno rispettati i codici morali.

      Garcea Daniele Liceo Bertrand Russell ( Roma, Lazio )

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“L’ultimo sapiens”, viaggio al termine della nostra specie, è un saggio tecnico-scientifico scritto da Gianfranco Pacchioni, professore universitario ed esperto scienziato nel campo della chimica teorica. In questo saggio, l’autore analizza gli aspetti positivi e le ripercussioni negative derivanti dall’inarrestabile sviluppo tecnologico, verificatosi dalla Rivoluzione industriale ai giorni nostri. Diversi sono i temi trattati: la clonazione, i sistemi di riconoscimento facciale, lo sviluppo di stampanti 3D, la manipolazione del codice genetico, le nanotecnologie, le macchine molecolari... L’autore approfondisce ogni aspetto di tali scoperte da un punto di vista tecnico-scientifico, individuandone le enormi potenzialità applicative, ma sottolineando al contempo le criticità e i rischi a cui si va incontro, allo scopo di far comprendere l’impatto che possono avere le nuove tecnologie sulle nostre abitudini e sulla vita sociale.
Lo sviluppo tecnologico è talmente veloce e incredibile che è legittimo domandarsi se possa essere sempre sotto il nostro controllo; le conseguenze che ne potrebbero derivare sono inquietanti: potremmo realmente essere gli ultimi della nostra specie, gli ultimi sapiens? Gianfranco Pacchioni supporta la sua tesi estrapolando alcuni racconti di Primo Levi, contenuti nelle raccolte “Storie naturali” e “Vizio di forma”, che sono di un’attualità sorprendente, in quanto si ipotizza l’introduzione di invenzioni fantascientifiche che risultano però essere dei chiari avvertimenti sui rischi che corre l’uomo se si lasciasse sopraffare dalle tecnologie.
Tra le varie invenzioni vengono menzionati il “calometro” che servirebbe per scoprire l’indice di bellezza delle persone, il “mimete”, fotocopiatrice tridimensionale in grado di duplicare ogni oggetto e persino un essere umano o il “torec”, un total recorder in grado di far rivivere in prima persona esperienze altrui.
Oggi sono state infrante barriere considerate invalicabili in passato, ma saremo in grado di fermarci per tornare ad una dimensione più “umana” o tutto questo ci condurrà ad una sfrenata corsa verso l’immortalità, o verso “l’uomo perfetto”? Siamo veramente consapevoli di ciò che sta succedendo? Le parole di Primo Levi suonano come un ammonimento per noi: “Saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole?”
Anche se nel futuro non assisteremo alla fine dell’umanità, senza dubbio assisteremo alla nascita di qualcosa di diverso e saremo stati soltanto noi i responsabili del nostro futuro: saremo stati noi ad aver generato quella tecnologia destinata a cambiare il nostro modo di essere. Spetta a noi la scelta di non essere gli ultimi sapiens, perché il futuro che vivremo è quello che oggi costruiamo e – come sottolinea Pacchioni – l’uomo resta artefice della propria sorte: homo faber fortunae suae.
Una scrittura straordinariamente semplice ed efficace: il ritmo della lettura è scorrevole, brillante e coinvolgente; lo stile utilizzato da Pacchioni è diretto, vivace e a tratti ironico. Ho trovato il libro interessante per il suo valore informativo perché parla di molte conquiste tecnologiche realizzate sino ai nostri giorni; provocatorio perché non considera soltanto positivamente tutte le innovazioni, ma ne sollecita una valutazione critica; sconcertante per l’ipotesi di estinzione della specie umana, in un futuro non lontanissimo, causata da ciò che avrebbe invece potuto e dovuto aiutare e favorire l’uomo.

      Iatosti Giorgia Liceo Tito Lucrezio Caro ( Roma, Lazio )

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"L’ultimo sapiens, viaggio al termine della nostra specie" è l’ultimo libro scritto da Gianfranco Pacchioni, chimico e prorettore per la ricerca presso l’Università degli Studi di Milano- Bicocca. Ha ricevuto nel corso della sua carriera numerosi riconoscimenti, tra cui la Medaglia Pascal per la chimica, della quale è stato insignito nel 2016 da parte della European Academy of Sciences e la Medaglia Pisani da parte della Società Chimica Italiana nel 2017.
Questo saggio, edito nel 2019, tratta in modo semplice , a volte anche troppo, argomenti filosofici, oltre che scientifici, estremamente complessi. Prima tra tutti è la questione del progresso. Non sarà mica che la storia dell’umanità, a partire dalla scoperta del fuoco, fino alle ultime scoperte nel campo dell’eugenetica, sia un’inevitabile storia di progresso? D’altronde nella misura in cui, come disse Michel Foucault, “Il mondo diventa più profondo offrendosi allo sguardo, ci si accorge che tutto quanto aveva costituito la profondità dell’uomo non era altro che un gioco infantile.” L’abisso in cui siamo convinti di immergerci, diviene solo un segreto assolutamente superficiale. Il grande interrogativo davanti al quale ci pone Pacchioni è proprio se saremo in grado di arginare, frenare, questo processo destinato inevitabilmente a degenerare scadendo nel post-umano. L’autore ne fa un discorso di tecnologia essenzialmente medico- scientifica, ma personalmente ritengo che il tramonto dell’epoca umana sia destinato ad avvenire, ed in parte già è avvenuto, principalmente a causa delle tecnologie sociali. Quando abbiamo iniziato a circondarci di algoritmi sempre più sofisticati, abbiamo toccato il punto di non ritorno, abbiamo oltrepassato le Colonne d’Ercole. Gli algoritmi sono costruiti sul modello delle reti neurali umane, apprendono attraverso l’esempio. Dunque è come se questi non fossero altro che la massima espressione delle capacità umane, sia nel bene che nel male, s’intende. L’algoritmo? Un superuomo! La macchina ha superato il creatore, come nei film di fantascienza degli anni ‘90, ma quel che è peggio è che il creatore ancora non ne è pienamente cosciente. Siamo già approdati nell’epoca del post uomo, che è in questo caso "l’uomo del post", l’uomo soverchiato dall’insieme mondiale di reti telematiche interconnesse fra loro, reso ossessivamente schiavo e dipendente da internet. E’ proprio questo aspetto del problema che ritengo manchi nel libro del chimico Pacchioni; non volendosi evidentemente porre come un trattato di natura scientifica, avrebbe potuto forse sfruttare maggiormente le tante citazioni tratte dai racconti di Primo Levi per analizzare dal punto di vista prettamente umano un tema così interessante e in fin dei conti molto poco astratto. Il libro si conclude con una domanda: “Saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole?” La risposta è: no. Ce lo dimostrò il personaggio letterario più interessante di tutti i tempi: l’Ulisse di Dante, perché “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

      Sernia Gianmarco Liceo Scientifico Statale " Augusto Righi " ( Roma, Lazio )

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E’ una suggestione inquietante quella che evoca L’ultimo Sapiens – viaggio al termine
della nostra specie, titolo dell’ultima opera di Gianfranco Pacchioni, Prorettore alla
ricerca dell’Università Bicocca.
L’incipit non sembra aprire a prospettive rassicuranti e amichevoli, al contrario suscita la
suggestione che l’homo che circa 200.000 fa iniziò la sua lenta opera di assoggettamento
del mondo sia arrivato al capolinea della propria esistenza ascrivendo ad uno arco
temporale brevissimo uno sviluppo impetuoso ed esponenziale che potrebbe radicalmente
migliorare le condizioni di vita dell’uomo o, al contrario, condannarci all’estinzione
In realtà si tratta del testo, al contempo ironico e riflessivo, di uno scienziato “umanista”:
al crocevia tra tecnofobici e tecno-entusiasti, Pacchioni non formula giudizi ma ha l’unico
intento di stimolare una riflessione critica disvelando le ambivalenze etiche sottese allo
sviluppo scientifico e tecnologico che avviene velocemente senza che l’homo sapiens sia
pienamente consapevole di quali conseguenze effettive potranno produrre nel tempo.
Nell’elegante omaggio a Primo Levi e alla serie di racconti fantastici, per l’epoca
fantascientifici, contenuti nelle raccolte “storie Naturali” e “Vizio di forma” di cui il libro
è intessuto, sta il fulcro dell’opera a partire dall’interrogativo ripreso nell’esergo,
“Saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le
Colonne d’Ercole?”. O come per l’Ulisse di Dante il “folle viaggio” porterà alla fine
dell’homo Sapiens reo di non aver superato quel“vizio di forma, annidato nella natura
umana” che in certi contesti riporta in superficie istinti primordiali che lo conducono ad
azioni contro-umane più crudeli della lotta per l’esistenza? Nuovi sapiens ipertecnologici
finiranno con il dominare i vetero sapiens?
Da questi interrogativi, in un confronto serrato tra un passato di cui siamo figli ed un
futuro di cui saremo padri, si dipana il percorso narrativo, sapientemente orchestrato, che
a partire dall’ affascinante prospettiva spazio-temporale “… nell’arco di una settimana
di storia della Terra noi occupiamo gli ultimi 180 secondi, e per giunta solo negli ultimi
25 millisecondi abbiamo cominciato a incidere sui processi che avvengono sul pianeta in
cui abitiamo, sino al punto di stravolgere gli equilibri delicati che la natura ci ha
trasmesso”.
Se lo spazio non fosse tiranno ogni capitolo meriterebbe una riflessione. Dal quantum
computing, sistema di super intelligenza artificiale g in grado di sostituire un domani lo
stesso essere umano, allo sviluppo di stampanti 3 in grado di riprodurre copie identiche
all’originale di tal fatta da rendere possibile la stampa di organi sostitutivi in materiale
biologico ma anche di creare dei cyborg, copie umane del tutto identiche all’originale, passando per la clonazione, le macchine molecolari, la manipolazione del codice genetico
, i sistemi di riconoscimento facciale, fino alla realtà aumentata del “Trattamento di
quiescenza”, o Pacchioni guida il lettore con mano sicura e tratto leggero nell’intricato
universo delle nuove tecnologie invitando ad un perpetuo razionalismo critico ed etico, il
solo antidoto in grado di contrastare il rischio causato da ambizioni, avidità e
irresponsabilità dell’uomo.

      Signorini Caterina Liceo Tito Lucrezio Caro ( Roma, Lazio )

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NEL NOME DEL PROGRESSO

“L’ultimo Sapiens” inizia e si spenge con una sola domanda, un dubbio: saremo sempre noi?

Gianfranco Pacchioni nel suo libro percorre la storia di un’umanità dagli albori, trovando il filo rosso che ha unito le generazioni di hominidae: la sostituzione delle specie e il progresso. Il tutto accompagnato dalle rare storie fantascientifiche di Primo Levi. L’autore di “Se questo è un uomo” infatti ha previsto un futuro che per noi è il banalissimo presente.

Dopo aver letto il libro sorge spontaneo chiedersi: saremo sempre noi a popolare la terra, a guardare il sole e accarezzare le foglie? Sempre che ce ne siano, di foglie. La razza umana potrebbe essere completamente diversa da come la conosciamo ora. Da come ci conosciamo. I nostri bis-nipoti potrebbero essere più simili a Neil Harbisson, l’uomo-cyborg che grazie alla sua antenna comunica con i satelliti e ascolta i colori, che a nostro padre. Se Neil Armstrong ha fatto il primo passo sulla Luna, Neil Harbisson ha fatto il primo passo verso una nuova specie. Un ibrido tra uomo e computer.

200 pagine di futuro. Non mi sento di definire il libro in altra maniera. Il chimico Pacchioni si è affacciato al futuro, documentando con un evidente gusto per la divulgazione e le parole. Dall’Intelligenza Artificiale alle biostampanti 3D, che saranno in grado di “teletrasportare” il codice genetico, per passare anche alla clonazione umana e alla vita sintetica. Questo libro è una vera e propria finestra sul futuro dell'intero pianeta, di tutti gli esseri umani.

L’autore ha aggiunto alle anticipazioni di Levi una sua predizione drastica ma quasi sicuramente certa. La divisione dell’umanità in due fazioni ben distinte: vetero sapiens versus tecno sapiens. L’uomo lontano dalla tecnologia contro l’uomo che è tecnologia. Una situazione molto simile a quella in cui si sono trovati i Neanderthal al momento della loro estinzione, probabilmente.
In poche parole, la sostituzione dell’homo sapiens.

Gianfranco Pacchioni scrive con tranquillizzante lucidità del nostro futuro, un futuro visto senza le lenti opache del coronavirus, e che potrebbe spaziarsi in atmosfere sconosciute — ancora per poco.
In queste 200 pagine si vedono le predizioni instancabili di Levi, il lavoro di scienziati che plasmano il futuro e di un chimico che ha voluto unire scienza e letteratura.
Nel nome del progresso.

(2362 caratteri)

      Vitale Davide Manuel Isacco Newton ( Roma, Lazio )

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Tecno-sapiens vs Vetero-sapiens. Pacchioni immagina di rappresentare un nuovo ecosistema distinto in due
categorie di umani: i Vetero-sapiens, la maggioranza, esclusi in quanto antiquati rispetto alle tecnologie,
con ruolo marginale e alto tasso di riproduzione; contrapposti ai Tecno-sapiens, la minoranza
ipertecnologica, lunga vita media, controllo totale sulle tecnologie e piccoli tassi riproduttivi. Potranno
coesistere? L’autore ci lascia con questi interrogativi aperti, ma che possono servire da spunti di riflessione.
Pacchioni ha rielaborato i racconti di Primo Levi, in particolare Storie naturali (1966) e Vizio di forma (1971),
e le sue lungimiranti previsioni, per tracciare un quadro aperto a diversi interrogativi possibili riguardanti la
troppa velocità con la quale la specie sta progredendo, che porterà l’Homo sapiens a non riconoscersi più.
Saremo in grado di fermarci? Gli scritti di Levi a cui fa riferimento riguardano storie abbastanza fantastiche,
lontane dalle sue consuete produzioni, di cui alcune, col tempo, sono diventate realtà o di prossima
concretizzazione. Attraverso uno stile che va dall’istruttivo, al brillante, fino all’allarmante, l’autore fornisce
uno scenario in esponenziale evoluzione. Emblematica è l’analisi di un racconto di Levi, “L’ordine a Buon
mercato”, nel quale un imprenditore di nome Simpson, presenta un nuovo dispositivo, il Mimete, in grado
di duplicare gli oggetti. Un cliente, tale Gilberto, inizia a sperimentare il macchinario. Il medesimo
procedimento intuitivamente descritto da Levi viene svolto attualmente da una stampante 3D. Gilberto,
con il passare dei giorni, alza la posta in gioco: vuole duplicare un essere umano e sceglie sua moglie Emma.
L’uomo si trova ad avere due mogli, Emma 1 ed Emma 2. Inizialmente la situazione è gestibile, ma piano
piano le donne si differenziano nei gusti e tutto si complica. All’uomo dunque, non resta che allontanarsi.
Un giorno, incontrando casualmente dei suoi concittadini, gli viene chiesto dove sia stato per tutto questo
tempo. L’uomo ironicamente risponde che egli è Gilberto 1, che esiste solo da una settimana, ma che di
Gilberto ne esistono due, così come di Emma, e che tutti sono felici di tale circostanza. Evidenza su cui
riflettere è che Gilberto, per tirarsi fuori dall’imbarazzo, ha dovuto duplicare anche sé stesso. Durante tutta
la sua storia l’Homo sapiens è diventato il dominatore del mondo grazie alla propria intelligenza. Come
potrebbe sopravvivere però, trovandosi a competere con eventuali capacità superiori alle proprie? Per
oltre 10.000 anni la vita degli uomini è stata costante, mantenendosi tale per generazioni. Questo, se era
preoccupante da un certo punto di vista, dall’altro risultava rassicurante, perché tutto accadeva nei
medesimi modi. Oggi non è più così, dobbiamo imparare ad accettare che la vita che seguirà sarà diversa
da quella che stiamo vivendo ora. Dobbiamo riflettere inoltre, sul fatto che tutte queste innovazioni che si
stanno realizzando, nel campo dell’elettronica, della telematica, dell’intelligenza artificiale, della genetica,
delle nano e biotecnologie, non sono a costo zero. Il problema dell’intelligenza artificiale è di natura etica.
Se chiedo infatti, ad una macchina di condurmi in un determinato luogo, questa lo realizzerà senza tener
conto delle regole etiche alle quali noi cerchiamo di attenerci. Bisognerà fornire delle regole etiche anche
alle macchine? Anche su questa evenienza non siamo tutti concordi.

      Ervo Matilde Liceo Statale Angelico Aprosio ( Ventimiglia, Liguria )

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Recensione de “L’ultimo sapiens; viaggio al termine della nostra specie” di Gianfranco Pacchioni
“L’ultimo sapiens” è un saggio tecnico-scientifico, scritto da Gianfranco Pacchioni, scienziato e docente di chimica all’Università di Milano Bicocca, e pubblicato a gennaio 2019 dalla casa editrice “Il Mulino” nella collana Intersezioni. Impone una riflessione su ciò che eravamo e su quello che siamo diventati come sapiens, grazie alle sperimentazioni e scoperte dell’uomo nel corso dei millenni. Tra queste pagine si snoda un racconto avvincente, inquietante e istruttivo che ripercorre la storia degli ultimi 10000 anni, riportando in modo semplice e ironico concetti scientifici abbastanza complessi e ricercati.
L’autore pone l’accento sulla velocità esponenziale con cui ci stiamo evolvendo; nell’ultimo secolo abbiamo acquisito la consapevolezza di poter sviluppare farmaci e macchine in grado di rivoluzionare scienza e tecnologia, cambiando radicalmente le nostre abitudini.
Nell’Età del Bronzo, occorreva aspettare almeno un millennio affinché ci fosse un salto tecnologico, ma negli ultimi tempi, ogni giorno conosciamo qualcosa di nuovo che ci permette di raggiungere traguardi incredibili; basti pensare al fatto che siamo in grado di controllare la formazione, la crescita e la funzionalità di organismi artificiali. Sorge spontaneo chiedersi cosa saranno in grado di fare i nostri nipoti; se avranno scoperto l’impensabile o se avranno perso il controllo delle loro azioni, provocando così danni incalcolabili a livello economico e sociale.
Gianfranco Pacchioni, riportando le principali scoperte dell’uomo, (a partire da quella del fuoco, fino ad arrivare alle mutazioni e clonazioni del DNA di alcuni organismi) presenta al lettore un quadro molto completo e gli dà modo di trarre le proprie conclusioni, spingendolo a chiedersi se valga la pena percorre ad occhi chiusi una strada sempre più tortuosa senza sapere dove porti, con il rischio di cadere talmente in basso da non riuscire più a risalire.
Chi prenderà il potere in questa lotta contro il tempo, dove tutti sono costretti a dover dimostrare sempre di più per vincere? La risposta è semplice; i Tecno-sapiens domineranno il genere umano, rilegando i desueti Vetero-sapiens a un ruolo marginale della società.
Nel libro sono presenti dei riferimenti ai racconti fantastici di Primo Levi, che consapevole delle possibili conseguenze e dei pericoli derivanti dalle continue modifiche del rapporto tra uomo e natura, era sia meravigliato che preoccupato dalle conquiste scientifiche. Mai come in questo momento storico le sue perplessità potrebbero essere più fondate: la scienza sta saltando delle tappe importanti che potrebbero portare l’uomo verso un percorso inaspettato che l’autore sintetizza in modo provocatorio nel titolo del libro, definendolo “un viaggio al termine della nostra specie”.
“Saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole? Homo faber fortunae suae, dicevano i latini, l’uomo è artefice della propria sorte. Non ci resta che scoprire quale.”

      Mocanu Rossana Liceo Vieusseux ( Imperia, Liguria )

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L’ultimo sapiens, saggio scientifico di Gianfranco Pacchioni, si potrebbe definire come una sorta di excursus sulle attuali dinamiche che regolano il progresso tecnologico.
Il titolo appare provocatorio, ma a differenza di quanto possa sembrare, non indica la prossima estinzione della specie Sapiens, piuttosto il cambiamento che essa subirà, diventando qualcosa di diverso. Nonostante ciò non si tratta di un discorso proiettato nel futuro, bensì nel presente; traspare un monito per l’immediato avvenire, un chiaro messaggio che ci invita a porre l’attenzione sulla frenetica corsa dello sviluppo tecnologico, considerando, insieme ai vantaggi sperati, eventuali esiti negativi per l’ uomo, e tutto questo prima che sia troppo tardi.
Il messaggio è quello di non dare per scontata l’esistenza eterna della specie Sapiens, perché nonostante sembri dominare il mondo da sempre, se comparato con tutta la storia della Terra, la sua esistenza equivale in realtà a pochi secondi di tempo.
L’ autore ci invita a riflettere su quanto sia poco significativa la nostra presenza sul pianeta rispetto all'intera vita del pianeta stesso, ma forse presi da un insano delirio di onnipotenza cadiamo nell’ “Hybris” di sentirci padroni del mondo di cui pensiamo di dirigere il corso.
Riprendendo i racconti di Primo Levi contenuti in “Storie naturali” e “Vizio di forma” risalenti agli anni Sessanta e Settanta, l’autore presenta una serie di riflessioni su come alcune innovazioni scientifiche e tecnologiche porteranno ad enormi cambiamenti. Il messaggio di Levi, pur carico di ironia e ispirato da una visione fantastica, ci invia severi e seri avvertimenti per il futuro che Pacchioni traduce in spiegazioni oggettive e scientifiche illustranti le più recenti innovazioni tecnologiche quali intelligenza artificiale, stampanti e biostampanti 3D, cellule sintetiche, nanotecnologie e realtà virtuale, che determinano e determineranno un nuovo modo di concepire e vivere la realtà.
Tuttavia la domanda fondamentale rimane la seguente: fino a che punto?
Con magistrale scorrevolezza l'autore trasmette una dirompente forza derivante dall'incontro tra la fantasia magicamente predittiva di Levi e la realtà attuale che sperimenta la realizzazione di tale fantasia. Sorge dunque un’ inquietante domanda: quanto a lungo ancora Homo Sapiens resterà tale, come noi lo conosciamo?
Attraverso l’ esemplificazione di concetti complessi calati nella realtà di episodi quotidiani, l'autore chiarisce anche ad un vasto pubblico un possibile scenario per certi versi inquietante.
Traspare l’amara ironia nel raccontare, accompagnata da un percepibile pessimismo riguardo al presente, che tuttavia nasconde al suo interno un bagliore di fiducia e speranza per il futuro.
Tutti coloro che in qualche maniera parteciperanno alle dinamiche di sviluppo e avranno un qualche ruolo nel progresso tecnologico, dovrebbero rispondere al tribunale della coscienza poiché tutto ciò che è possibile non sempre è lecito. Tuttavia l’autore non condanna totalmente lo sviluppo tecnologico che ritiene ineludibile, ma dove ci porterà questo? Quanto di umano resterà in una nuova specie di Sapiens?
É una sorta di chiamata alle armi alla quale le coscienze di ognuno non possono rimanere sorde.

      Cappato Giulia Liceo Classico Statale Giuseppe Parini ( Milano, Lombardia )

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Gianfranco Pacchioni apre il suo libro “L’ultimo sapiens” con un omaggio ai racconti di Primo Levi, e si mantiene sulla stessa linea di ripresa e attualizzazione di questi per l’intera esposizione, il che, per quanto sia un intento nobile, rischia di interrompere il fluire generale della storia. La visione di Levi come di un visionario porta l’autore a esplorare le possibilità che lo sviluppo tecnologico sta aprendo dai primi del Novecento al 2019, dalla globalizzazione della rete alle stampanti 3D (o duplicatori tridimensionali). Come si pone l’autore rispetto a questo progresso che pare inarrestabile? L’atteggiamento di Pacchioni è tra l’ammirato, quasi come se stesse, anch’egli, nel suo riportare studi di varie riviste scientifiche, leggendo un libro di fantascienza, e lo spaventato dalle pretese troppo ambiziose dell’uomo. Per essere uno scienziato, infatti è docente di chimica a Milano Bicocca, il positivismo viene a mancare, sostituito da un ironico, e a volte troppo, ma magari volutamente, semplicistico monito all’attenzione e alla cautela. Dopo un azzardato paragone col resto della storia dei sapiens, in cui richiama la Genesi e gli apostoli in una trattazione di base scientifica, si mostra scettico su alcuni progressi nel campo biomedico-estetico e altamente tecnologico. Se, nell’accezione comune, si pensa che creare organi in laboratorio per avere subito una risorsa salva-vita (senza dunque ricorrere a cloni, come in "Never Let Me Go" di Ishiguro), egli fa la parte del grillo parlante, e ricorda che grazie a questi la nostra vita potrebbe allungarsi in modo sproporzionato. Oppure quando sblocchiamo il nostro telefono col viso, e ci rallegriamo di non dover digitare un codice, ecco che Pacchioni ci ricorda che studi di marketing sono pronti a scannerizzarci durante lo shopping, per poi inviarci o indirizzarci a certi prodotti specifici. È ben più inquietante l’aspetto dell’identificazione alla Lombroso dell’orientamento sessuale e politico dedotto dai tratti somatici. Si mostra critico rispetto alle analisi self-made sulla propria salute, in quanto, specifica, scoprire di avere una possibilità di essere malati rovinerebbe il tempo rimanente, il che è, come del resto molti degli aneddoti, fortemente personale, e contestabile anche solo suggerendo la visione di "Le Tout Nouveau Testament". Il generale scetticismo è comunque facilmente appoggiabile, tuttavia gli stessi dubbi di Pacchioni si trovano anche nei saggi di Wrangham e Dawkings. Quello che colpisce, dunque, è la grande varietà di spunti che Pacchioni fornisce e la possibilità immediata di approfondirli. È particolarmente interessante il discorso che viene fatto sui virus e sulla creazione di macchine molecolari, per cui si viene sempre incentivati a non fidarsi troppo di un progresso che potrebbe risultare in una lotta tra macchine e uomini. Bene, nel 2020 abbiamo ben percepito quanto un virus, biologico e non tecnologico, sia stato in grado di ribaltare tutti quei pensieri di superiorità che l’autore qui ci dice di trattenere. Al che, si può pensare, tutti i risultati di ricerche futuristiche, tutte le esorbitanti aspettative di vita, sono state ridicolizzate nell’anno della pandemia, e il rischio di sentirci delle divinità è stato assai ridotto. Alla fine, fantascienza o meno, quello che conta è che ancora non siamo diventati esseri metà macchine e metà carne, e l’arma più potente, oltre all’immaginazione dpudorata di alcuni scienziati, è alla fine la Natura stessa.

      Magni Mattia Liceo Scientifico Galileo Galilei ( Erba, Lombardia )

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Alcune specie hanno imparato nel tempo ad aggiungere al normale istinto di sopravvivenza, una strategia evolutiva inedita: cambiare il mondo attorno a sé per renderlo più ospitale. Questo meccanismo fa sì che organismi intraprendenti abbiano una doppia eredità: trasmettono alle future generazioni sia i loro geni sia le trasformazioni, le innovazioni, le idee che hanno introdotto nell’ambiente. L’homo sapiens è campione in questo: anziché subire le angherie dell’ambiente in cui è nato, migra e va in cerca di condizioni migliori, alterando da sempre gli ecosistemi altrui.
Di tale storia avventurosa, attraente e inquietante, con il finale più aperto che mai, si occupa il libro “L’ultimo sapiens”, di Gianfranco Pacchioni, scritto con il giusto equilibrio fra ironia, tecnica e chiarezza espositiva e impostato su un bellissimo dialogo a distanza tra uno scienziato di oggi e uno scienziato di ieri, Primo Levi, di cui si ricorda (giustamente) soltanto il suo ruolo di sopravvissuto e testimone dell’Olocausto, lasciando però in secondo piano la sua grande cultura scientifica, che lo inquadra come precursore delle più moderne tecnologie che stanno sconvolgendo e portando sempre più all’estremo i confini della conoscenza.
Infatti, lo sviluppo tecnologico ha assunto dei ritmi mai conosciuti in precedenza, una velocità tale che rende difficile stare al passo e che produce cambiamenti sociali profondi senza che la società riesca ad adattarsi ad essi, sempre obbligata a cambiare le proprie abitudini e i propri ritmi per “digerire” le nuove tecniche. Uno sviluppo rapido e impetuoso, impedisce di comprenderne a fondo le conseguenze e non è sempre chiaro se, alla lunga, quest’ultime producano miglioramenti sui nostri stati d’animo, sulla nostra coscienza e soprattutto sulla nostra felicità o se, al contrario, rendano problematico controllare che tale sviluppo non ci sfugga di mano, non si trasformi in un ostacolo o addirittura in un pericolo.
In questo libro Pacchioni riflette su come alcune importanti innovazioni tecnologiche: intelligenza artificiale, neuroscienze, nanotecnologie, genetica, portino con se un potenziale di cambiamento enorme, tale per cui le conseguenze sul piano sociale saranno sicuramente molto profonde, probabilmente positive, ma non necessariamente prive di ombre e senza un prezzo da pagare. Per farlo, utilizza alcuni racconti di Levi che, senza saperlo (ma penso ne fosse quasi sicuro), ha puntualmente anticipato molte delle rivoluzioni a cui stiamo assistendo, introducendoci a tecnologie dirompenti che stanno per modificare la storia del mondo intorno a noi.
A mio parere, in un futuro non lontano, molte di queste tecnologie avranno avuto un tale impatto sulla nostra vita, che c’è da domandarsi se a quel punto gli abitanti della Terra avranno ancora un qualcosa in comune con i sapiens, pur essendo quest’ultimi una specie estremamente giovane se pensiamo che nell’arco di 6 giorni di storia del pianeta, noi occupiamo gli ultimi 180 secondi.
Se le cose andranno così, allora non resta che prenderne atto. Noi potremmo davvero essere gli ultimi della nostra specie. Noi potremmo essere gli ultimi sapiens.

      Trevisani Gabriele Liceo Scientifico Paolo Frisi ( Monza, Lombardia )

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Non ti trovi di fronte a uno di quei libri, astrusi e indigesti, che ti sarà possibile decifrare solo con l’ausilio di un testo scientifico. È piuttosto un saggio rivelatore, denso di riflessioni sulle più importanti innovazioni scientifiche e tecnologiche della storia, sul loro potenziale di cambiamento sul piano sociale e personale, sull’impatto, non necessariamente solo positivo, che queste potrebbero avere nel futuro più o meno prossimo.
“L’ultimo Sapiens. Viaggio al termine della nostra specie” è un’opera variegata e poliedrica: ce n’è per tutti. Il continuo riferirsi di Gianfranco Pacchioni a Primo Levi, uomo concreto, amante della chimica che rifuggì sempre una netta e limitante distinzione tra la sua attività di scrittore e di uomo di scienza. Pacchioni si muove tra gli scritti di Levi che ebbe il merito di immaginare, con enorme e inquietante anticipo, le rivoluzioni che ci stiamo preparando a vivere. Con geniale ironia, Levi calcò non poco l’accento sulla possibile deriva di queste tecnologie, inquietudini e dilemmi allora palesati, oggi dannatamente reali. E sulla scia degli oggi più che mai attuali racconti di Levi, Pacchioni apre ad alcuni cruciali interrogativi: cosa stiamo diventando? Saremo davvero gli ultimi della nostra specie? Gli ultimi Sapiens?
Viaggiamo a un ritmo che non ci saremmo neanche aspettati, la realtà muta sotto i nostri occhi: dovremo cambiare, ma divenendo cosa? Quale piega prenderà la natura umana? Un viaggio al termine della nostra specie: Pacchioni provoca; la transizione della specie è già avviata e si dovrà compiere verso una direzione, quale sia ancora non ci è dato saperlo.
Il saggio, abilmente organizzato da Pacchioni, è un avvicendarsi di brevi estratti di quei racconti visionari e della sua analisi critica sulle tecnologie della quarta rivoluzione industriale ed è grazie a uno stile scorrevole che il lettore può muoversi con disinvoltura nel percorso tracciato.
È sconvolgente e a tratti angosciante la capacità dello scrittore torinese di immaginare e dare forma tra le righe dei suoi racconti a dispositivi come il duplicatore mimete, assoluta fantascienza per l’epoca, realtà quasi quotidiana oggi, con il nome di stampante 3D.
Il saggio di Pacchioni offre uno scorcio tra luci ed ombre del mondo in cui vivrà l’uomo del futuro. Stampa e biostampa 3D, nanotecnologie 2.0, interazione uomo-macchina, potenzialità da cui derivano aspettative, ma che nascondono anche rischi e lati oscuri, l’iperconnessione, la clonazione, l’eugenetica per citarne alcuni.
Lo sviluppo sempre più rapido di computer quantistici accresce con prepotenza la possibilità che l’uomo possa un giorno finire per sviluppare un’intelligenza superiore a quella umana; il rischio che la tecnologia inverta il senso di marcia e fugga allo scopo per cui era stata plasmata danneggiando irreversibilmente l’equilibrio della comunità umana.
Homo faber fortunae suae, l’autore ci avverte, dobbiamo essere consapevoli autori del nostro destino perché, comunque si concluderà questo passaggio, siamo stati noi ad aver dato vita alla tecnologia che inevitabilmente ci trasformerà e siamo noi, oggi, a dover governare questi cambiamenti per non esserne sopraffatti.
È l’epoca del cambiamento, il tempo delle incertezze sulle certezze, e Pacchioni, con un libro assolutamente visionario per una lettura piacevole, ci propone il quadro degli sviluppi delle tecnologie nella nostra società. Ora, “non ci resta che scoprire quale sia la nostra direzione”.

      Baioni Edoardo Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci ( Jesi, Marche )

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180 secondi. Comprimendo la storia della Terra in una sola settimana, noi occupiamo solo gli ultimi 3 minuti, e, per altro, solo negli ultimi 25 millisecondi abbiamo cominciato ad incidere sui processi che avvengono nel nostro pianeta.
E’ questa una delle prime cose che ci ricorda Gianfranco Pacchioni -scienziato e professore di chimica, oltre che scrittore- nel suo ultimo libro: ‘L’ultimo Sapiens, viaggio al termine della nostra specie’, un vero e proprio cammino, un’analisi attenta che si limita ad illustrare con lucidità l’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni, senza prendere posizioni ottimiste o pessimiste a riguardo.
L’autore, riprendendo le distopiche narrazioni di Primo Levi contenute in ‘Storie Naturali’ (1966) e ‘Vizio di forma’ (1971), esamina, con uno stile scorrevole e talvolta ironico, le ultime conquiste umane nei più vari settori: biostampanti 3D, intelligenza artificiale, nanotecnologie, realtà aumentata, clonazione e altro ancora, dimostrando così l’estrema lungimiranza dello scrittore torinese che a suo tempo aveva previsto molte di queste innovazioni. E’ comunque un testo che parla del presente -come lo stesso Pacchioni sottolinea spesso nelle presentazioni del libro- e lo scopo è quello di chiedersi se abbiamo la consapevolezza di quanto noi stessi siamo fautori, sottolineando la velocità esponenziale e forse incontrollata (se paragonata al passato) con cui si sta susseguendo l’evoluzione.
L’unione sempre più indissolubile tra l’intelligenza artificiale e quella umana, se da una parte può portare a conquiste fino a pochi anni fa impensabili come l’eliminazione delle malattie genetiche o l’impiego di aree sempre maggiori del nostro cervello, dall’altra spaventa, con considerazioni che muovono dalla possibilità di controllare il patrimonio genetico altrui a livello software. Da qui, la paura che possa nascere un uomo molto diverso dal nostro: in altre parole, la fine della nostra specie, o, al contrario, ispirandosi alla pellicola ‘Her’ di Spike Jonze, un matrimonio uomo-macchina interessante, con l’intelligenza artificiale in grado di varcare i confini emotivi finora ristretti a soli noi umani.
Il panorama che ci offre Pacchioni è quello di un futuro diviso nettamente: da una parte, i Tecno-sapiens che dispongono delle apparecchiature più avanzate e costose; dall’altra i Vetero-sapiens, masse di persone il cui lavoro manuale verrà svolto molto più efficacemente da macchine sofisticate, risultando quindi inutili, con un divario sociale causato dalla disparità tecnologica che rimanda quasi a Matrix.
Nonostante ciò, ad oggi l’intelligenza umana risulta superiore a quella artificiale rendendo del tutto l’uomo ancora protagonista del proprio futuro, facendo risultare il libro, oltre che una fonte di conoscenza più che attuale, un richiamo alla consapevolezza, la stessa a cui faceva riferimento Pomodoro con le sue Sfere in giro per il mondo, poiché, come ci lascia capire l’artista nella sua più celebre opera, la minaccia dello sconosciuto si nasconde sotto una superficie che si prospetta apparentemente perfetta.

      Banson Blas Francois Iis Orsini Licini ( Ascoli Piceno, Marche )

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PREMIO ASIMOV EDIZIONE 2020-21
RECENSIONE DE “ĽULTIMO SAPIENS. Viaggio al termine della nostra specie.” di GIANFRANCO PACCHIONI, il Mulino edizioni.

Il libro “L’ultimo Sapiens", con sottotitolo “Viaggio al termine della nostra specie”, si apre con una introduzione generale della nostra specie indicando le differenze della società odierna con quella dei secoli precedenti, partendo con una sorta di dialogo rivolto al lettore. Tratta delle varie invenzioni create dall’uomo e successivamente del rapido sviluppo della tecnologia che, secondo l’autore, può portare per la specie umana ad un futuro incerto che piano piano si sta materializzando. Gianfranco Pacchioni illustra al lettore un viaggio rivolto al futuro riprendendo vari spicchi di questo sviluppo tecnologico. Si sofferma su biotecnologie, realtà aumentate, nanotecnologie, cose che oggi fanno parte delle nostre vite. Tuttavia l’autore non si limita a parlare delle cose sopra citate, ma riprende racconti del famoso scrittore Primo Levi, attraverso i quali vuole evidenziarne la genialità poichè è riuscito a prevedere in un certo senso molte delle invenzioni e sviluppi dei nostri tempi. Basti pensare al racconto “A fin di bene" all’interno del quale Levi immagina un esponenziale sviluppo della rete telefonica che sarà in grado di operare in modo autonomo e qui c’è un indubbio richiamo al nostro odierno “internet"; oppure a “Storie naturali”, racconti che parlano del Mimete, un duplicatore tridimensionale che precede l’invenzione delle stampanti 3D, le quali potrebbero portare prima o poi alla costruzione di parti del corpo bioadattabili. Viene presentato anche un possibile scontro tra “Vetero-sapiens" e “Tecno-sapiens” e quindi allo scontro tra “uomini” contro “macchine infallibili", avente come risultato che gli uomini saranno messi da parte e subordinati per via dell’efficienza di queste super- macchine.
L’autore utilizza i racconti di Primo Levi inserendoli nei momenti giusti per ‘spezzare’ ed integrare il suo ragionamento, richiamando così l’attenzione del lettore. Inoltre fa’ buon uso di riferimenti storici allo scopo di interconnettere le varie parti dell’argomentazione, mostrandosi capace di ‘parlare’ ad un pubblico variegato e di diversa cultura. Gianfranco Pacchioni riesce a creare un'opera che suscita molta curiosità soprattutto nelle descrizioni dei vari sviluppi tecnologici per poi sfociare in una inquietudine creata soprattutto dalla questione principale del libro: il futuro dell’essere umano. Si denota una certa preoccupazione da parte dell’autore che immagina la possibilità di un futuro dove gli uomini saranno messi da parte da macchine dotate di una loro intelligenza. Sempre Pacchioni sostiene il fatto che non ci resta che vedere l’evoluzione della situazione, della sorte della quale l’uomo è artefice, lasciando avvolta nel mistero la questione del futuro umano.
Questo libro coinvolge molto in quanto parla di un argomento importante che riguarda soprattutto noi stessi e inoltre è in grado di aprire gli occhi alla società che deve rendersi conto del possibile pericolo che ci aspetta domani.

      Calcabrini Viola Liceo Giacomo Leopardi ( Recanati, Marche )

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L’Ultimo Sapiens, scritto da Gianfranco Pacchioni, è stato pubblicato nel 2019 da Il Mulino.
Gianfranco Pacchioni è un chimico e accademico italiano, attivo nel campo della chimica teorica e computazionale. Le sue conoscenze emergono nel libro, ma per redigere il testo, come lui stesso dichiara, si avvale dei consigli e dei suggerimenti di molti. Di Mario Berenghi e Federico Pianzola, due studiosi di Primo Levi, di Telmo Pievani, autore della Prefazione del libro, di Laura Russo per aspetti d’ingegneria biomolecolare, ma soprattutto si avvale dell’aiuto della moglie Marina Lotti per le questioni di genetica e biotecnologia.
Ci sono continui riferimenti a Primo Levi, chimico e visionario del futuro, il quale “anticipò con una lucidità sorprendente i temi della rete globale, dell’intelligenza artificiale e delle macchine che auto apprendono”.
E’ un libro che fa continui riferimenti alle scoperte scientifiche, tecnologiche, biochimiche e biologiche, ma il tema fondamentale è il futuro della nostra specie.
L’autore cerca di dare delle risposte a domande esistenziali e sul futuro. Fa comprendere come lo stato di ansia, infelicità e stress in cui si trova l’uomo moderno sia strettamente correlato al progresso tecnologico e biomolecolare. Infatti, come dice l’autore “lo sviluppo tecnologico ha assunto dei ritmi mai conosciuti in precedenza, …, che produce cambiamenti profondi senza che la società riesca ad adattarsi ad essi.”
L’autore ci fa comprendere come per millenni genitori, figli e nipoti hanno avuto la stessa esistenza. I loro pensieri e le loro speranze erano le stesse. I cambiamenti avvenivano ogni 2000 anni. Oggi, invece, ci sono mutamenti da un anno all’altro che portano instabilità e lontananza generazionale. Pacchioni riporta l’elenco delle scoperte scientifiche e tecnologiche che si sono susseguite negli anni per dimostrare che lo sviluppo tecnologico segue una curva esponenziale e che noi “siamo entrati senza rendercene conto nell’era che coincide con la parte crescente della curva. Da adesso in poi, le innovazioni tecnologiche si susseguiranno a ritmi sempre crescenti”.
E quali saranno le conseguenze sulla vita dell’uomo? Migliorerà o peggiorerà? Ci porterà a un’eterna giovinezza? Ad essere immortali? Saremo gli stessi di oggi o il mondo sarà dominato da Superumani? Saremo l’ultimo Homo Sapiens?
L’uomo inoltre pensa che il mondo non potrebbe esistere senza di lui, ma l’autore ci insidia il dubbio e racconta che la Terra esiste da tantissimi anni, mentre l’uomo è comparso solo di recente e che diverse specie sono scomparse, come ad esempio i Neanderthal. Quindi, quale sarà il futuro dell’uomo?
A queste domande l’autore cercherà di dare una risposta e proverà a descrivere possibili scenari del futuro della nostra specie.
Darei al libro un 9 perché lascia nel lettore tanti sentimenti: ottimismo, per un futuro dove le malattie saranno curabili; ansia, per la paura di non saper affrontare i continui cambiamenti; preoccupazione, per il futuro delle generazioni che verranno.
E’ un libro da non perdere, perché apre gli occhi su alcuni aspetti, ma innesca una curiosità sul destino dell’uomo che spinge a leggere ancora sull’argomento. Spinge a ricercare che cos’è che aiuterà l’uomo a salvarsi e a non farsi inghiottire dal vortice del progresso. Spinge a cercare cosa possiamo fare fin da ora per salvare l’umanità. Insomma, questo libro rappresenta un punto di partenza e non un punto di arrivo in questa ricerca esistenziale!

      Lucertini Tommaso Liceo Scientifico E Musicale G.marconi ( Pesaro, Marche )

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Autore: GIANFRANCO PACCHIONI
Titolo: L’ULTIMO SAPIENS. VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOSTRA SPECIE.
Luogo di pubblicazione: Bologna
Anno di pubblicazione: 2019
Casa editrice: Il Mulino
Numero pagine totali: 216
Costo del volume: € 15

“Se state leggendo questo libro è perché fate parte di quell’insieme di esseri viventi che appartengono alla specie Sapiens”. Inizia così il cammino del lettore nel “Viaggio al termine della nostra specie”. È una storia in lenta evoluzione all’inizio, ma dalla rivoluzione industriale in poi, si assiste ad un ritmo crescente di cambiamenti, portatori di conseguenze sicuramente positive per l’uomo, ma “non necessariamente prive di ombre”: lo sviluppo di nuove tecnologie potrebbe sfuggirci di mano. “Noi potremmo essere gli ultimi Sapiens”. La cosiddetta intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante, aprendo “scenari interessanti ma inquietanti al tempo stesso”.
Pacchioni è un chimico, ha “una innata propensione ad essere attratto da tutto quello che si riferisce alla costruzione di cose a partire dagli atomi, i costituenti essenziali della materia”. Con le biostampanti 3D, si potrà sostituire una parte del corpo danneggiata. Potremo allungare la nostra esistenza, “avremo nuove e al momento inesplorate potenzialità, ma potremmo anche ritrovarci parecchio diversi da come mamma ci ha fatto”. Dietro lo studio del genoma umano, c’è l’idea di poterlo modificare, aprendo la strada verso un’umanità fatta solo di bambini “perfetti”. In futuro dal volto potrebbero dedursi anche le nostre preferenze sessuali, il nostro orientamento politico, la nostra affidabilità e la nostra intelligenza.
Il Torec è un’altra macchina nata dall’immaginazione di Levi e assomiglia molto ai moderni visori per la realtà virtuale. Il tema è quello della brain-machine-interface, interfaccia cervello-macchina. Con questa tecnica, il cervello potrebbe essere quindi potenziato. Potremo contare su impianti neurali, ingegneria genetica, nanotecnologie, neuroscienze, intelligenza artificiale. Quando si verificherà, da una parte avremo i Tecno-sapiens, supertecnologici, dotati di intelligenze aumentate, che popoleranno aree geografiche avanzate; dall’altra avremo i Vetero-sapiens, che non avranno accesso alle tecnologie e vivranno nelle aree arretrate. Ma non sappiamo cosa succederà.

Quest’opera di divulgazione scientifica è una Lectio Magistralis sull’evoluzione dei Sapiens. È una lettura che scorre piacevole, tra racconti immaginari, ma di una modernità sconcertante: quelli di Primo Levi. L’uomo è visto con gli occhi di un chimico, abituato a sezionare la materia in pezzi sempre più piccoli fino ad arrivare agli atomi: è solo accennata la sua interazione con la Biosfera.
Leggendo, appaiono fotogrammi di film di fantascienza già visti, con il turbamento di chi percepisce che quella fantascienza oggi è diventata reale. Il Sapiens potrebbe sparire, lasciando forse spazio al Tecno-Sapiens, un uomo tecnologicamente evoluto, con intelligenza e capacità aumentate.
Non sappiamo cosa succederà ai Sapiens. Pacchioni ci ha voluto dare un “warning” e lasciarci una domanda aperta: “nella sua corsa col turbocompressore verso le Colonne d’Ercole”, oltre i propri limiti, verso un progresso senza freni, “sarà in grado di fermarsi a tempo”? L’uomo deve prendere in mano il proprio destino, prima che il “razzo” del progresso abbia preso a viaggiare alla massima velocità

      Neroni Edoardo Istituto Di Istruzione Superiore Fazzini Mercantini ( Grottammare, Marche )

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Mi permetto di scrivere una recensione su “L’ultimo sapiens. Viaggio al termine della nostra specie” di Gianfranco Pacchioni, tentando di avventurarmi in un genere totalmente nuovo per me. Nonostante non abbia un notevole interesse per la scienza in sé, la scelta di iniziare questa lettura è stata motivata dalle tematiche trattate al suo interno che hanno catturato il mio interesse, ovvero il progressivo evolversi della razza umana e della tecnologia. All’inizio della stesura il libro fornisce una visione globale dello sviluppo dell’umanità, ritenendo la sua comparsa sulla Terra un granello di sabbia rispetto alla creazione e alla vita dell’intero pianeta. Questo viaggio della specie sapiens viene tracciato mettendo in risalto le invenzioni attuali o comunque recenti dell’uomo, facendo notare come il suo sviluppo si basa sul miglioramento delle tecnologie che possiede e delle conoscenze che eredita e approfondisce. L’autore spazia per vari argomenti durante la narrazione, partendo dalla comparsa del sapiens fino a dividere il resto del libro in ricerche e scoperte utili per il futuro. La narrazione è accompagnata da alcuni scritti del libro “Storie naturali” di Primo Levi, considerato un precursore e scrittore di libri di base fantascientifica.
Ciò che prima veniva considerata fantascienza negli anni Sessanta, è ormai considerato normalità, come l’arrivo di un’intelligenza artificiale o macchine che hanno semplificato la nostra vita, come le nanotecnologie, l’interazione tra cervello e macchina e altro ancora. Entrambi gli scrittori usano un tono affascinante, ma allo stesso tempo di allarme verso un pericolo prossimo. Essi premono su una consapevolezza dei limiti umani e si chiedono se questa nuova intelligenza potrebbe un giorno influenzare o sostituire il pensiero umano. La risposta è affermativa, migliorano continuamente i modi di ricreare e perfezionare il genoma umano, superando le nostre capacità. Tutto questo progresso viene approfondito nei vari capitoli, sviluppando un panorama sempre più ampio e mettendo in luce i problemi che potrebbe risolvere, ma allo stesso tempo creare. Le potenzialità che potremmo sfruttare grazie a questo sviluppo sono innumerevoli, Pacchioni però non esclude la possibilità di avere effetti negativi che oggi non sembrano toccarci, ma che sviluppandosi potrebbero essere catastrofici, come la clonazione, la manipolazione del codice genetico e la fine della singolarità di ogni uomo. Questa unicità potrebbe essere un giorno sostituita da macchine autonome che ci sostituiranno. Tutto ciò è già in atto, con il continuo miglioramento di nanotecnologie che un giorno, aumenteranno le nostre prestazioni in modo esponenziale, ma potrebbero andare contro un’etica che fino ad oggi è esistita, modificando equilibri biologici e sociali già fragili. Prossimamente l’uomo vivrà una fase di cambiamento dove bisognerà fare delle scelte, evolversi o rimanere a ciò che viene considerata come normalità, portando forse alla fine dei sapiens.
In conclusione, il tema trattato pone diversi interrogativi al lettore sul domani che ci aspetta, mettendo sia una nota positiva su dove ci porterà questo sviluppo, ma anche un punto di allarme che ci obbligherà a riflettere sulle scelte che dovremo fare in ambito tecnologico con un senso del limite. Un libro molto utile che dà ad affrontare il futuro con la giusta consapevolezza e la prudenza di chi sa che davanti a noi si apre un’altra era.

      Pelliccioni Alessandro Iis Orsini Licini ( Ascoli Piceno, Marche )

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RECENSIONE DE “L'ULTIMO SAPIENS, Viaggio al termine della nostra

specie.” DI GIANFRANCO PACCHIONI

Il libro “L'ultimo sapiens” di Gianfranco Pacchioni contiene una rassegna delle più
importanti novità in ambito tecnologico. Nella maggior parte dei casi tali innovazioni sono
ancora in fase embrionale o di sperimentazione oppure si trovano in commercio a prezzi
elevati. Alcuni dei temi trattati sono i sistemi di riconoscimento facciale, il ruolo degli
assistenti vocali, lo sviluppo delle stampanti 3D, la clonazione, la manipolazione del
codice genetico e i visori per realtà virtuale. Nel descrivere tali tecnologie l'autore compie
un efficace parallelo con le opere di Primo Levi, estrapolando da esse brevi brani che un
tempo potevano sembrare di fantascienza, ma che oggi si sono rivelati di un'attualità
sconcertante.
Sebbene il tema del libro sia prevalentemente di tipo tecnico-scientifico, Pacchioni
utilizza un linguaggio semplice e comprensibile da tutti intervenendo egli stesso con
commenti talvolta ironici talvolta più seri. Inoltre l'autore non si sofferma solamente
sull'aspetto tecnico delle innovazioni, ma va oltre chiedendosi quale potrebbe essere il
loro impatto sulla nostra vita e in che modo potrebbero modificarla a tal punto da
ipotizzare una possibile fine dei sapiens, la nostra specie.
Pacchioni ritiene errato l'atteggiamento di coloro che credono che l'uomo abbia il pieno
controllo sul pianeta in cui vive, in quanto condensando la storia della terra in 6 giorni,
l'uomo appare negli ultimi 23 secondi ed inizia ad incidere sui processi del pianeta negli
ultimi 25 millisecondi. Egli riflette sul fatto che lo sviluppo esponenziale in ambito
tecnologico ha raggiunto ritmi elevati tali da produrre cambiamenti sociali profondi senza
che la società riesca ad adattarsi ad essi. Uno sviluppo così rapido impedisce di
comprendere a fondo le conseguenze, e se queste spesso sembrano avere effetti
positivi nel breve periodo, non è detto che alla lunga producano cambiamenti in meglio,
specialmente se si trovano nelle mani sbagliate.
Egli condivide e riprende la visione di Levi: è spinto a conoscere e comprendere le
novità della scienza ma allo stesso tempo non ne ignora le conseguenze. Infatti la
conclusione rispecchia tale visione immaginando nel futuro un mondo diviso e una lotta
tra due specie derivate dai sapiens. Chi prevarrà?
“L'ultimo sapiens” è un libro coinvolgente e non dovrebbe essere destinato solo a pochi
appassionati di tecnologia, ma a tutti, poiché il progresso tecnologico sarà un argomento
sensibile nei prossimi anni e la sopravvivenza della nostra specie dipenderà dal
comportamento che avremo nei confronti della tecnologia, “saremo in grado di fermarci a
tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le Colonne d'Ercole?” La risposta
rimane sospesa riecheggiando l’Ulisse di dantesca memoria.

      Chiarlo Francesca Liceo Scientifico Galileo Ferraris ( Torino, Piemonte )

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“L’ultimo Sapiens - Viaggio al termine della nostra specie” è un vivace saggio scientifico di Gianfranco Pacchioni, chimico pluripremiato e Prorettore alla ricerca nell’Università di Milano-Bicocca. Il volume, pubblicato nel 2019 da “Il Mulino”, intesse un affascinante dialogo intertemporale con Primo Levi, noto più per l’importante testimonianza sull’Olocausto piuttosto che per opere scientifiche quali “Storie naturali” (1966) e “Vizio di forma” (1971). Si tratta di illuminanti racconti inerenti a dispositivi tecnologici che, se all’epoca erano pensabili solo nella fantascienza, oggi costituiscono la realtà dell’evoluzione umana. Cosa ne sarà quindi della nostra società, incapace di misurarsi con il ritmo esponenziale dello sviluppo tecnologico? L’autore preannuncia un clima di rivalità tra un’élite di “tecno-sapiens”, soggetti super intelligenti, ed i cosiddetti “vetero-sapiens”, gli esseri umani verosimilmente destinati all’estinzione. Se le cose andranno così, potremmo davvero essere gli ultimi della nostra specie, artefici ed al tempo stesso schiavi del nostro progresso.
Questo libro ha suscitato il mio interesse per l’inquietante enigmaticità del tema proposto ed il netto contrasto di quest’ultimo con i colori allegri e sgargianti che compaiono nell’immagine della copertina. Ciononostante sarebbe scorretto da parte mia celare la titubanza che, come amante dei romanzi, ho provato di fronte alla lettura di un saggio scientifico, genere poco incline a mantenere viva la mia curiosità e spesso ricco di nozioni troppo sofisticate. Eppure mi sono dovuta ricredere…
Con uno stile espositivo particolarmente chiaro e scorrevole, Pacchioni coinvolge il lettore nelle intricate vicende di cui sono protagonisti i personaggi di Primo Levi, tanto ridicoli nei loro comportamenti quanto umani nei pensieri e nelle inquietudini. Grazie all’utilizzo di un lessico semplice e settoriale, corredato da sintetiche ma esaustive spiegazioni dei termini più tecnici, la lettura è ideale anche per un pubblico di curiosi del mondo della tecnologia con una modesta conoscenza scientifica. L’arma vincente di Pacchioni consiste nel fatto che il saggio, prima di delineare i possibili scenari futuri, stimola il lettore ad interrogarsi sulle potenzialità e sui pericoli della tecnologia nell’era presente. Particolare attenzione è dedicata al profilo antropologico ed ai precetti morali che guidano l’uomo moderno, forse destinati ad essere prevaricati dalla sua insaziabile sete di evoluzione.
In fin dei conti, però, cosa ci sarebbe di tanto sconcertante se scegliessimo di assecondare il progresso, dare vita ad umani immersi nella realtà virtuale, clonati come fogli da fotocopia, e decretare la fine dell’ “homo sapiens”? Una prospettiva tanto inquietante quanto simile al misterioso fenomeno che, circa quarantamila anni fa, portò alla scomparsa dei cari cugini “homo neanderthalensis”, dimostrando che non è poi tanto prudente fare affidamento sull’eternità della nostra specie. E se da un lato, come dicevano i latini, “homo faber fortunae suae”, d’altro canto la natura ha l’imperdibile vizio di cambiare repentinamente le carte in tavola. Del resto, la Storia e l’attuale situazione pandemica non potrebbero insegnarci qualcosa sulla precarietà della condizione umana e sulla centralità della Scienza e della Tecnologia nel nostro futuro?

      Fusco Francesco Liceo Scientifico Galileo Ferraris ( Torino, Piemonte )

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Il libro “L’ultimo sapiens” scritto da Gianfranco Pacchioni, un chimico e accademico italiano, è un saggio tecnico-scientifico della collana Intersezioni pubblicato dalla casa editrice “Il Mulino” nel gennaio 2019. L'autore per una corretta analisi e una migliore comprensione di ogni argomento scientifico trattato, inserisce all'inizio di ciascun capitolo numerosi accenni storici. Per spiegare ai lettori le conseguenze delle scoperte rivoluzionarie e in particolar modo lo sviluppo di tecnologie capaci di alterare la realtà in cui viviamo, Gianfranco Pacchioni propone un elaborato confronto con alcune opere di Primo Levi. Incredibile è il fatto che in quest'ultime, ritenute fantascientifiche fino al secolo scorso, macchinari irreali frutto della sua immaginazione come assistenti digitali, stampanti 3D e visori di realtà virtuale siano stati realmente inventati nei sessant'anni successivi. Come parte introduttiva del saggio scientifico è interessante la descrizione in sei giorni della storia del pianeta Terra (circa quattro miliardi di anni), gli stessi impiegati per la formazione del creato secondo la Genesi, sottolineando l'evoluzione dell'uomo avvenuta negli ultimi centottanta secondi. Il linguaggio usato dal Pacchioni è semplice ma settoriale, in quanto per analizzare alcuni fenomeni e descrivere argomenti come l'intelligenza artificiale, la genetica umana e le nanotecnologie è necessaria una terminologia specifica. La lettura del testo è lineare e scorrevole, infatti la presenza di immagini rende facilmente comprensibile anche i concetti più complessi. Ritengo che il contenuto di questo libro mi abbia dato, oltre alle nuove conoscenze in ambito scientifico, la possibilità di ragionare con una maggiore consapevolezza su un'importante questione: l'evoluzione della specie umana per mezzo di nuove tecnologie porterà davvero ad un miglioramento delle condizioni di vita o cambierà il nostro modo di pensare? Credo che a questa domanda non vi sia una risposta certa. Lo sviluppo della tecnologia sembra non volersi mai fermare e presto il continuo uso di risorse non sostenibili, come già evidenziato dai dati statistici, distruggerà il nostro ecosistema, già enormemente compromesso. Sconcertante è il fatto che siamo stati capaci di stravolgere gli equilibri della natura soltanto negli ultimi 25 millisecondi dell'ipotetica settimana. L'utilizzo di risorse sostenibili è l'unico modo per salvare il pianeta Terra, la nostra casa. Mi è rimasto particolarmente impresso il racconto di Levi dal titolo "Alcune applicazioni del Mimete", in cui il signor Simpson, rappresentante italiano della NACTA, consegna ad uno suo cliente il prototipo di una speciale fotocopiatrice. Mi ha colpito come di fronte ad una novità tecnologica, possano cambiare i pensieri dell'uomo. Infatti il cliente Gilberto da semplici documenti prova a stampare con successo esseri viventi di piccole dimensioni. Purtroppo sono convinto che con l'introduzione di nuove macchine non tutta la popolazione avrà la disponibilità economica per usufruirne, provocando così un'ulteriore divisione tra le classi sociali e agevolazioni non accessibili a tutti. Talvolta alcune invenzioni dell'uomo sono state utilizzate nel corso della storia per compiere atti violenti; spero dunque che lo sviluppo di tecnologie avanzate sia una "fionda" che conduca l'umanità ad un'era di benessere in cui si abbia maggiore consapevolezza del passato evitando di compiere errori incontrovertibili.

      Prezioso Alessandra Liceo Scientifico Galileo Ferraris ( Torino, Piemonte )

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“C’era una volta «homo sapiens»”. Come l’inizio di una favola, ci addentriamo in una complessità semplificata: il nostro futuro. L’ultimo sapiens di Gianfranco Pacchioni è stato pubblicato dalla casa editrice il Mulino nel gennaio 2019. L’autore, dopo un percosto di studi presso strutture come la Technishe Universität München, il centro di ricerca IBM di Almaden e il Frits-Haber-Institut, insegna ai propri studenti chimica inorganica presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca.
“La fantasia sta lasciando il passo alla realtà”. Noi, esseri umani e non animali o robot, stiamo costruendo le basi per un futuro che fino a pochi anni fa sembrava surreale e incerto. Pertanto, per comprenderlo, dobbiamo conoscere quello che è stato. Ognuno di noi custodisce un passato comune: il nostro lento ed efficace progresso con cambiamenti sia estetici che etici.
“E caddi, come corpo morto cade”, come nel V canto dell’Inferno, anche noi sveniamo per affrontare un differente argomento: l’intelligenza artificiale. Lo stupore e la ricerca della meraviglia sono l’obiettivo della tecnologia ma, nonostante le innumerevoli invenzioni, non si deve raggiunge il limite oltre il quale non ci sarebbero benefici ma solo un graduale declino.
Forse un giorno potremo operare a distanza salvando vite in preda al dolore? Potremo biostampare parti di organi o tessuti con cellule umane per testare farmaci o per metterli a disposizione degli uomini e salvarli da malattie autoimmuni o da una morte certa? Potremo cancellare, come per magia, i brutti ricordi legati alla nostra mente?
Il futuro non è qualcosa di prossimo, di cui né una data né un’ora conosciamo. Noi siamo il domani, un domani che attentamente custodiamo.
Basti pensare al riconoscimento visivo che si basa su un collegamento di punti e rette e permette di proteggere il nostro telefono o ai dispositivi uditivi in grado di riacquisire l’udito.
Non è impossibile, ci sono alte probabilità che questo non sia solo un sogno e, come ha scritto l’autore stesso, «presto saremo posti di fronte ad altri comportamenti “bizzarri” a cui non siamo abituati» tanto da non essere più capaci a distinguere quello che era abituale, nel passato, con la nuova realtà. Il registro e l’ironia hanno reso possibili una lettura agevole e piacevole. L’autore è stato in grado di fondere la complessità degli argomenti con un lessico semplice e del tutto comprensibile. Efficace è stata anche la scelta di spiegare gli argomenti come se stessimo compiendo un percorso, come il viaggio di Dante accompagnato da Virgilio, in cui la guida è Gianfranco Pacchioni. È un viaggio che bisogna percorrere lentamente e più ci allontaniamo dall’inizio, l’origine del mondo, più ci avviciniamo al presente che non è nient’altro che il futuro stesso. Sorprendenti e affascinanti si rivelano anche i numerosi richiami a Primo Levi, che come un uomo in grado di viaggiare nel tempo ha previsto internet, le stampanti 3D e la realizzazione di macchine capaci di svolgere attività impensabili per l’uomo.
Questo saggio scientifico, una sorta di portale come il Binario 9 ¾ nella saga Harry Potter di J. K. Rowling, è in grado di far vivere un sogno, o forse, una possibile prossima realtà.

      Russo Cristina Liceo Scientifico Galileo Ferraris ( Torino, Piemonte )

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Premessa: chi si accinge a scrivere non ha fatto utilizzo di un Versificatore, non è una super intelligenza artificiale, né tantomeno è frutto di una copia del Mimete; insomma, chi scrive è un esemplare di Homo Sapiens, uno tra i tanti con cui si ha a che fare ogni giorno, ma con cui non è scontato si abbia a che fare nel futuro.
Se questa precisazione, alquanto bizzarra, sollevasse mai in qualcheduno una certa curiosità, sia di consolazione il fatto che esiste un saggio, “L’ultimo Sapiens-Viaggio al termine della nostra specie”, in grado di dare una risposta alle perplessità da cui si è giustamente afflitti in questo momento.
Attraverso una narrazione che fluttua tra passato e futuro, il saggio ripercorre le vicissitudini che hanno portato ad alcuni dei maggiori traguardi scientifici nel passato e prospetta la rotta per quelli raggiungibili nel futuro; le propaggini narrative spaziano abilmente dal campo delle biotecnologie a quello dell’informatica, ma convergono sempre verso un unico fulcro: l’Uomo, artefice geniale ma talvolta vittima inconsapevole del suo stesso progresso.
A prendere la voce come narratori sono due uomini vissuti in epoche storiche diverse, accomunati però dalla medesima professione di chimico e dalla volontà di condurre un'analisi razionale su come scienza e tecnologia potrebbero segnare irreversibilmente il destino di Homo Sapiens: Gianfranco Pacchioni, autore di questo saggio, e Primo Levi.
Un sapiente parallelismo letterario tra i due uomini di scienza mette in risalto le idee visionarie del grande chimico torinese, e dimostra che le ambizioni e le preoccupazioni umane nel passato erano non troppo dissimili da quelle odierne. Ciò che è indubbiamente cambiato è la potenza dei mezzi oggi disponibili, potenza da cui potrebbero scaturire grandi benefici, i cui utilizzi impropri potrebbero però, paradossalmente, ritorcersi contro lo stesso genere umano. L’aumento delle disuguaglianze sociali, l'alienazione dalla realtà, una generale sovversione dei valori culturali e non ultima l’estinzione, sono solo alcuni dei rischi paventati, ma tali da far degenerare in distopia ciò che è originariamente concepito come utopia.
Nel complesso, l’impressione che deriva dalla lettura di quest’opera è che l’intenzione dell’autore sia duplice: in primo luogo, presentare con un linguaggio facilmente accessibile alcune prospettive di miglioramento della vita umana nel futuro, ma allo stesso tempo stimolare il lettore ad esercitare il suo senso critico nei confronti delle conseguenze inevitabili che il progresso tecnologico apporterà sul suo modo di vivere.
Il ritratto dell’Uomo che emerge da “L’ultimo Sapiens” potrebbe ben essere identificato con l’immagine che campeggia in copertina: su di un mare di tenebre e di incertezze, il futuro, si affaccia l’Uomo sospinto dalla forza delle idee e dalla vivacità del “multiforme ingegno”. Proprio come Ulisse, emblema di audacia e curiosità, l’Uomo di oggi si accinge a varcare rapidamente quelle che Pacchioni definisce “Colonne d’Ercole”: impossibile prevedere se ciò comporterà la fine della specie Sapiens o aprirà una "seconda navigazione".
Nel frattempo, si potrebbe far tesoro di ciò che l’eroe greco, attraverso le parole di Dante, insegna: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. È insito nella natura umana il desiderio di progresso, ma, se non fondata su solidi valori etici, anche la più prodigiosa delle scoperte scientifiche rischia di essere fallimentare.

      Colaianni Michele I.t.s. Elena Di Savoia ( Bari, Puglia )

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L’ULTIMO SAPIENS
Le tecnologie sono veramente così importanti? Siamo sicuri che niente ci sfuggirà mai di mano? Siamo certi che il futuro di questo mondo sarà la razza umana?
Mi sento di cominciare con queste tre domande la recensione di questo libro che mi ha fatto tanto riflettere e ha ampliato i miei orizzonti su un tema che non avrei mai pensato di guardare sotto un altro punto di vista che non fosse quello prettamente ludico o di semplice curiosità superficiale.
Gianfranco Pacchioni scrive questo libro per far rendere conto ad un lettore come me, che ha sempre e solo guardato una faccia della medaglia, che dietro tutta questa “corsa verso le colonne d’Ercole”, l’uomo sta lasciando dietro di sé una scia di dubbi ed incomprensioni legate a dove porterà tutto ciò, se tutta questa frenesia nel cercare l’innovazione sia positiva o negativa e soprattutto se, arrivato il momento di smettere, il momento di chiudere, ciò sarà possibile senza alcuna ripercussione o reazione inaspettata ed incontrollata.
Penso che per leggere questo libro si debba prima essere pronti a cambiare la propria visione del mondo, bisogna essere pronti ad apprendere che l’uomo è solamente una minuscola e insignificante pagina di un libro immenso la cui stesura è iniziata circa 4,5 miliardi di anni fa.
Il libro è scritto con un linguaggio piacevole che permette al lettore di viaggiare con la propria mente e di entrare completamente all’interno delle fantastiche storie dell’immenso Primo Levi che fanno da contorno all’opera.
Questa scelta di narrare anche utilizzando spezzoni dei più celebri libri del sopracitato scrittore torinese, è una scelta a mio parere azzeccatissima per diversi motivi. Uno di questi è sicuramente sottolineare la modernità degli scritti di Levi che cinquant’anni fa ha espresso pensieri rivolti al futuro, scrivendo i suoi romanzi e immaginando, prima di tutti, quello che sarebbe accaduto tanti anni dopo. Ebbene, questi incastri e citazioni su Levi, sono anche un modo per ricordarlo, per celebrarlo e anche per ringraziarlo per le meravigliose opere che ci ha lasciato.
Un altro motivo per il quale riportare le opere di Levi è stato efficace è il modo in cui lui racconta, i suoi racconti si amalgamano perfettamente con i commenti dell’autore e non fanno altro che rafforzare ancora di più i concetti espressi nell’opera.
Per terminare vorrei dire che secondo me questo libro lo dovrebbero leggere tutti almeno una volta nella vita, perchè ti aiuta comprendere e a mettere a paragone le diverse epoche che si sono susseguite e le relative differenze.
E’ un libro che fa crescere culturalmente una persona, è un’opera che ti arricchisce e io sono contentissimo di averlo letto e di averne apprezzato ogni singola pagina.

      Laddaga Erika Liceo Cagnazzi ( Altamura, Puglia )

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“Cosa siamo dunque?”
“Cosa stiamo diventando?”
Nell’arco di pochi decenni,al sorgere del nuovo millennio,è successo qualcosa di definitivo oppure qualcosa sta per accadere. Questo qualcosa potrebbe causare la fine di Homo Sapiens. 
La velocità con cui sta avvenendo il cambiamento è maggiore di quanto abbiamo mai immaginato. Il progresso tecnologico ha e sta modificando ancora oggi la realtà in cui viviamo; ogni giorno ci ritroviamo di fronte a nuovi assetti sociali e modi diversi di agire nelle relazioni. Siamo convinti che il cambiamento che sta avvenendo ci coinvolgerà in maniera totale, ma ancora non sappiamo in che direzione cambierà e si evolverà la nostra esistenza e forse la nostra stessa natura umana. Le parole di primo Levi risuonano sempre nella nostra mente:”Saremo in grado di fermarci a tempo nella nostra corsa col turbocompressore verso le colonne d’Ercole?” Pertanto sapremo controllare la tecnologia in modo tale da non rischiare di snaturare la nostra specie? Questa è una domanda tanto diretta quanto insistente che costituisce il tema di fondo del libro di Gianfranco Pacchioni. L’ultimo sapiens è un saggio che intende delineare la natura dell'ecosistema uomo-macchina del futuro, cioè il mondo in cui i nostri discendenti vivranno. In modo quasi provocatorio il titolo del libro sintetizza il passaggio della specie umana da una condizione biologica e antropologica ad una condizione profondamente nuova e imprevedibile. Un percorso che l’autore definisce come “un viaggio al termine della nostra specie”. Un elemento di originalità del saggio è proporre brevi estratti dei racconti d’invenzione di primo Levi per sviluppare in parallelo i racconti dello scrittore che sono collegati con la ricerca e lo sviluppo tecnologico come campi innovativi introdotti negli ultimi decenni. Tra i vari brani citati dallo scrittore uno che personalmente mi ha colpito è il brano intitolato “A fin di bene” dove Primo Levi descrive una rete telefonica divenuta estesa e complessa da iniziare a prendere decisioni in autonomia rivelandosi capace non solo di comprendere il pensiero umano ma anche di coglierne la prevedibilità. I capitoli centrali del saggio sono dedicati alla descrizione di diverse tecnologie; per ciascuno di esse vengono individuate le aspettative che suscitano e le principali potenzialità nella loro applicazione. Sempre sul piano tecnologico Pacchioni conduce un’analisi critica in cui si riferisce al rischio di dare vita a macchine in grado di auto apprendere fino a sviluppare un’intelligenza superiore di quella umana. In discordanza a questo rischio l’autore dice che se siamo diventati i dominatori del pianeta è solo perché siamo più intelligenti, quindi di fronte a una intelligenza superiore alla nostra, la prospettiva dell’umanità potrebbe cambiare. Questo grande cambiamento porterà alla fine dell’homo sapiens? E mi chiedo,se fossimo noi gli ultimi sapiens? Di certo ciò che ne ho potuto trarre da questo saggio è che gli esseri umani nel futuro avranno schemi mentali e comportamenti molto diversi dai nostri. Probabilmente il futuro che stiamo per affrontare non vedrà la fine dell’umanità, ma la nascita di qualcosa di diverso oggi difficile da comprendere. In ogni caso, qualunque sia l’esito siamo noi gli autori del nostro futuro.Per questo motivo è doveroso riportare una frase che ci ricorda Pacchioni cioè: “Homo faber fortunae suae”, cioè l’uomo resta artefice della propria sorte.

      Letizia Monaco Liceo Scientifico G. Banzi Bazoli ( Lecce, Puglia )

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Se vi affascina l’idea di viaggiare nel tempo Gianfranco Pacchioni mette a Vs disposizione una macchina del tempo virtuale, con il suo libro “L’ultimo sapiens - Viaggio al centro della nostra specie” vi trasporterà in momenti temporali che ripercorrono la storia dell’uomo con un salto dal passato al presente e poi in un futuro, già preannunciato dall’autore Primo Levi, in cui il dominio di una società robotizzata diventerà realtà. Siamo davvero gli ultimi eredi dei Sapiens?
Un testo avvincente che guida il lettore nei meandri dell’evoluzione dell’uomo in modo chiaro ed efficace, una lettura piacevole e interessante che riesce a trasmettere informazioni scientifiche, in modo divulgativo, anche a chi non ha dimestichezza con la disciplina, è un viaggio attraverso la rivoluzione compiuta dalla scienza e dalla tecnologia nel corso del tempo.
I ritmi dei cambiamenti tecnico-scientifici, divenuti sempre più frenetici, ci hanno ormai catapultato in nuovo modo di essere e pensare, ma l’avvertimento è chiaro: le nuove tecnologie non apportano solo benefici e opportunità, dietro ad ognuna di esse si celano anche rischi e minacce, come già egregiamente anticipato dalla fantasia dello scrittore Primo Levi con il suo “Mimete” che arriva a permettere al protagonista di duplicarsi con conseguenze catastrofiche.
Se la fantasia di Levi appare come un’esasperazione nell’uso “dell’Intelligenza Artificiale (IA per gli addetti ai lavori) ” la quarta rivoluzione industriale, (una compenetrazione tra robotica, ingegneria genetica, internet delle cose, IoT, e tutte le altre tecnologie), ci ha regalato una nuova realtà al contempo affascinante e minacciosa, “ un robot che soppianta l’uomo”, la sfida del millennio è proprio quella di rendere le macchine in grado di pensare e interagire come l’uomo.
Non si tratta di un’esagerazione, è recente la notizia che la Microsoft ha depositato il brevetto “Creating a conversational chatbot of a specific chatbot of a specific person”, una complessa tecnologia che renderebbe possibile interagire con i nostri cari estinti grazie ad algoritmi di Intelligenza Artificiale e, come chiaramente spiga Pacchioni, questi algoritmi non sono altro che ”una serie di istruzioni predefinite per risolvere un problema”.
Andando a ritroso nel tempo, la notizia che “l’industria 4.0” si dirigesse verso l’automazione “Robot e androidi”, risale al 2018, quando venne alla luce il primo “Anchor virtuale”, in altre parole giornalista televisivo robot tutto cinese, capace di leggere, mutare espressione ma anche imparare da solo e, ciliegina sulla torta, capace di lavorare 24 ore su 24.
Tuttavia, sempre per citare il testo di Pacchioni, “il computer fa molto bene cose che sa già fare o che gli viene detto di fare, ma si guarda bene dal fare cose per cui non è stato programmato” e questo sicuramente ci tranquillizza, ci sono “prerogative tipiche e specifiche del genere umano che le macchine artificiali non potranno mai sviluppare”. Certo, la domanda nasce spontanea, e se il cervello della macchina un giorno superasse quello umano?
Quest’avvincente sfida “Robot vs Uomo” proposta da Pacchioni, ci riporta per analogia a un passato lontano e inquietante della storia della nostra evoluzione “Sapiens vs Neanderthal”, di cui però purtroppo conosciamo l’esito finale.
Voto dieci per l’ironia, l’originalità lo stile brioso e i contenuti.

      Palagano Eugenio Liceo Classico Statale Socrate ( Bari, Puglia )

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Vi è mai capitato di leggere un libro di fantascienza e di immaginare strampalati macchinari, città futuristiche, magari dominate da robot? Di solito, finito di leggerlo, riflettiamo per qualche minuto e alla fine constatiamo che tutto quello che c’è scritto in quelle pagine rimarrà nella testa dell’autore e dei lettori. E se ci sbagliassimo? E se l’uomo fosse capace di evolvere ed evolversi rispolverando un antropocentrismo col tempo affievolito?
“L’ultimo sapiens” di Gianfranco Pacchioni, di formazione chimico, risponde con un sonoro “sì”. È un libro che apre a innumerevoli strade che l’umanità potrebbe percorrere in futuro verso l’evoluzione, senza cognizione di causa. Accompagnandosi principalmente con i racconti tratti dal libro di Primo Levi “Storie naturali”, e menzionando anche altre sue opere quali Il “Sistema periodico” e “Vizio di forma”, l’autore guida il lettore in un mondo che, benché reale, ci appare sconosciuto e distante. E in tal modo, sfogliando le pagine, apprendiamo che ciò che era solo frutto dell’immaginazione per Primo Levi, si sta pian piano concretizzando.
L’uomo domina su tutte le altre specie animali perché è l’essere più intelligente sulla Terra da millenni, e all'intelligenza è strettamente connessa la sua innata curiosità. L’uomo impara e si evolve grazie all’esempio; i suoi piccoli passi, a partire dalla scoperta del fuoco, hanno portato la nostra specie fin qui, e la nostra avventura non è ancora terminata: attualmente, pare proprio che proseguiremo il nostro viaggio in compagnia di altri esseri senzienti, ma non biologici: le cosiddette intelligenze artificiali.
Ma quanto tempo ci vorrà per vedere i progressi delle nuove tecnologie e i balzi da gigante che stanno compiendo le varie branche della scienza? Non molto a dire il vero. La curva dello sviluppo tecnologico del genere umano è infatti esponenziale: la linea è rimasta pressoché piatta per milioni di anni, ma è da ormai un secolo che si proietta inarrestabile verso una crescita vertiginosa.
L’uomo è arrivato a un punto tale da sfidare non solo madre natura, o chiunque lo abbia partorito, perfezionandosi giorno dopo giorno, ma perfino qualcosa che lo ha sempre terrorizzato: la morte.
Con l’avvento delle bio-stampanti 3D si potrà dire addio a segni di vecchiaia: le cellule morenti potranno essere rimpiazzate con altre più giovani; scoperte come la vita sintetica, la nanotecnologia e la clonazione garantiranno l’eterna giovinezza; marchingegni come il “Versificatore”, il “Mimete”, il “Calometro” o il “Torec”, concepiti nella mente di Primo Levi, esistono…Il che francamente è un po’ inquietante.
Le preoccupazioni che molti scrittori visionari hanno esternato, come il dominio delle macchine sugli uomini, si avvereranno o resteranno nel campo della fantascienza? Proprio come il paradosso della nave di Teseo, l’uomo, a furia di modificare parti del suo corpo, sarà sempre uomo? Chi sopravvivrà tra i Vetero-Sapiens e i Tecno-Sapiens? Non è possibile dare una risposta ora.
Come afferma Pacchioni, riproponendo il detto latino “Homo faber fortunae suae”, “l’uomo è artefice della propria sorte. Non ci resta che scoprire quale”. Una cosa è certa: letteratura e fantascienza non sono mai state così intrecciate tra loro.
È bene però imparare dagli errori commessi da personaggi della letteratura: prendiamo in considerazione Icaro, e rammentiamo la fine che ha fatto avvicinandosi troppo al Sole con le ali di cera...


      Senatore Francesca Liceo Scientifico Statale " F. Ribezzo " ( Francavilla Fontana, Puglia )

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UN VIAGGIO NELLA METAFISICA: LA LETTERATURA COME SIBILLA DELLA REALTÀ.

Essere al contempo un uomo di scienza e un letterato è un arduo compito. É come se l’emisfero destro e sinistro del cervello fossero così in simbiosi da controbilanciare il pragmatico aspetto analitico con una creatività indomabile. Tale affermazione può facilmente essere riferita a quelli che definirei i due chimici autori del libro "L’ultimo Sapiens": Primo Levi e Gianfranco Pacchioni. Quest’ultimo, infatti, per la redazione del suo saggio, ha usato come materiale di partenza i racconti futuristici di Primo Levi, che per quanto fossero considerati mera fantascienza all’epoca della loro pubblicazione, si sono rivelati un monito del “vizio di forma” ed una predizione del nostro presente. Pacchioni con "L’ultimo sapiens" (il Mulino, 2019) vuole quasi emulare il lavoro svolto da Primo Levi più di cinquant’anni fa, nelle pagine di quello che a primo acchito può sembrare il solito erudito e complesso manuale di chimica. Lo scienziato trasporta il lettore in un suggestivo viaggio tra passato, presente e futuro, come se fossimo Ebenezer Scrooge lungo la via di redenzione in “A Christmas Carol”. Ogni capitolo si installa su un racconto del visionario Levi per poi presentare nuove innovazioni in ambito tecnologico: nanotecnologie, intelligenze artificiali, cyborg, biostampanti 3D, riprogrammazione genetica, brain to brain machines e tecnologie così elaborate da sembrare più simili a magia che a prodotti frutto della mente umana. Mentre si è ammaliati dalla bellezza di un pronostico di una evoluzione umana tale da poter vivere fino a cinquecento anni, privi di difetti estetici o impedimenti mentali, con la possibilità di dedicare la giornata all’ozio o assuefatti da qualche interfaccia di realtà virtuale, l’autore avvisa delle minacce derivanti da questo torpore. Non siamo onnipotenti, “i Neanderthal sono spariti, dimostrando che non è poi tanto prudente contare sull’eternità della propria specie”.
Addentrarsi in questa lettura è una continua scoperta. Quello che si presume normalmente dagli scritti di un chimico è che siano complicati e arzigogolati, ricchi di espressioni come “anfiprotico” o “tetraidrofurano”; il libro di Pacchioni è, invece, scorrevole e piacevole; quantunque infarcito di concetti complessi, l’abilità di elaborazione e di narrazione sono tali da rendere l’esperienza equiparabile alla lettura di una fiaba per bambini. Il risultato finale infatti, nonostante raggiunga pienamente l’obiettivo di informare, far riflettere e di incuriosire, è scandito da parole che attribuiscono ad un mondo quasi noioso aspetti affascinanti e a dir poco prodigiosi. "L’ultimo sapiens" è definibile come il mezzo perfetto per chiunque sia disorientato o spaventato dalle materie STEM, per finalmente comprendere il fascino di quello che può apparire come uno sterile ambiente mentale, dove proliferano solo i geni ambiziosi e i visionari megalomani.

      Ibba Riccardo Liceo Scientifico " Antonio Pacinotti " ( Cagliari, Sardegna )

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“L’ultimo Sapiens” è un raffinato pastiche di antropologia, biologia, chimica e bioetica condito con una sagace ironia che lo contraddistingue da una classica pubblicazione scientifica. Ci fa accorgere della grandezza del genere umano, sottolineando allo stesso tempo quanto piccolo sia il posto che occupiamo nella storia del nostro pianeta. L’autore fa sfoggio della sua ampia conoscenza nel campo, talvolta utilizzando un linguaggio tecnico, ma senza mai addentrarsi in un’ analisi specifica. Durante la lettura spesso ci farà compagnia nel ruolo di spettatore, dimostrando tutta la sua curiosità e condividendo lo stupore verso i prodigi della scienza. Presentando numerosi esperimenti che hanno segnato il cammino della scienza, quest’opera fa comprendere quanto sia veramente avanzato il progresso tecnologico e di come quella che viene definita fantascienza sia ora realtà o lo stia per diventare.
Il testo di Pacchioni è intervallato dai racconti visionari di Primo Levi, di cui l’autore stesso si proclama un accanito lettore; sebbene siano stati scritti in anni in cui era quasi impossibile immaginare la futura portata del progresso scientifico, sono capaci di rappresentare con disarmante intuizione la realtà odierna, riuscendo anche a fornirci una sbirciatina su quello che potrebbero riservarci i prossimi anni del XXI secolo. I fantasmagorici congegni della fittizia NAMTCA che il signor Simpson tiene in dotazione e condivide con il suo cliente affezionato, sorprendono e spaventano allo stesso tempo. Intelligenze artificiali , nanotecnologie, clonaggio sono solo alcuni dei temi trattati in questo libro e , dove è facile cadere in una sfrenata narrazione futurista , esso è in grado sia di lasciarci a bocca aperta descrivendo accuratamente le straordinarie frontiere della tecnologia, sia di metterci in guardia sui rischi di tali innovazioni , garantendo sempre innumerevoli spunti di riflessione.
L’itinerario della specie sapiens è uno dei più grandi spettacoli che la Terra abbia mai messo in scena, ma gli attori , credendo di poter migliorare il piano ufficiale della rappresentazione, cercano in ogni modo di aggiungere effetti sempre più incredibili nella scenografia, fino ad arrivare a stravolgere i loro personaggi. L’eccesso di spavalderia dell’avanzata tecnologica finirà per far definitivamente calare il sipario sui sapiens?

      Mundula Maya Liceo Scientifico E Linguistico Enrico Fermi ( Nuoro, Sardegna )

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Chiarezza espositiva: 9
Capacità di coinvolgere il lettore: 9
Attualità tema: 9
Originalità: 8
Valutazione complessiva: 9
Quante volte ci siamo trovati a guardare film fantascientifici domandandoci se gli scenari catastrofici rappresentati si sarebbero mai potuti realizzare? Personalmente mi sono posta spesso questa domanda, e infatti questo libro ha da subito attirato la mia attenzione. Gianfranco Pacchioni cerca di prevedere il futuro della nostra specie analizzando tutte le innovazioni scientifiche nei vari campi, quelle innovazioni che fino a poco tempo fa sembravano impossibili quasi per tutti. Capitolo per capitolo, Pacchioni dimostra come le nuove scoperte negli ambiti più disparati, dalla biologia alla musica, dalla letteratura alle intelligenze artificiali, porteranno a dei cambiamenti così radicali che forse faranno perdere la stessa singolarità umana a cui spesso ci appelliamo quando parliamo delle mancanze nei robot. Pensare che in un futuro non molto lontano delle canzoni create artificialmente da computer e non da una mente umana scaleranno le classifiche, mi provoca sensazioni contrastanti. Lungo il percorso vengono saggiamente inseriti i racconti di Primo Levi, ironici e premonitori, che sono sempre integrati all’interno del capitolo così che l’argomento considerato dipenda dal racconto e viceversa. Questa caratteristica mi ha particolarmente affascinata e mi ha fatto scoprire il lato scientifico di Primo Levi, che non conoscevo, e che di solito viene tralasciato nelle scuole. Il signor Simpson, lo strambo rivenditore delle invenzioni tecnologiche fra le più bizzarre e protagonista dei vari racconti tratti da “Storie Naturali”, mi ha fatto venire più voglia di scoprire, studiare e informarmi rispetto a molti dei miei professori. Primo Levi ci ammonisce sui pericoli delle tecnologie ancor prima che quelle tecnologie fossero inventate, e purtroppo lo dimostra anche a spese del povero signor Simpson. Al contrario dei miei timori, l’opera è molto scorrevole e viene utilizzato un linguaggio semplice, comprensibile anche da chi di scienza sa poco. A tratti gli argomenti sono fin troppo semplificati. Avrei preferito, infatti, che alcuni di essi venissero approfonditi maggiormente. Il libro è comunque molto coinvolgente e tratta la tecnologia in maniera tale che risulti interessante per diverse categorie di persone, senza risultare troppo complesso. Ho apprezzato come, nonostante tutte le descrizioni dei vari pericoli, le innovazioni non vengano demonizzate, e come ne vengano trattati in maniera abbastanza oggettiva sia i pro che i contro. In breve, cercherò di far conoscere quest’opera a tutte quelle persone interessate agli avanzamenti scientifici del nostro mondo, ma che, come me, masticano qualcosa di scienza non riuscendo sempre ad inghiottire.

      Serreli Francesca Liceo Scientifico Statale Pitagora ( Selargius, Sardegna )

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“I nostri bisnonni, ma anche i nostri nonni, pur essendo cresciuti in società molto evolute rispetto ai sapiens di 10.000 anni fa, avevano con loro ancora molti punti in comune. Gli umani del futuro, che popoleranno la Terra da qui a cinquant'anni potrebbero invece essere creature davvero molto diverse nei comportamenti, nei costumi, nel modo di pensare. Noi potremmo davvero essere gli ultimi della nostra specie. Noi potremmo essere gli ultimi sapiens.” La nostra arroganza e superbia nel credere che la nostra supremazia persisterà per sempre, che noi uomini saremo i padroni della Terra fino alla fine è esilarante. Se i Neanderthal che popolavano il pianeta Terra da 250 000 anni si sono estinti, per ragioni a noi non note, dopo 45 000 anni di convivenza con noi sapiens, siamo ancora sicuri della nostra eterna supremazia? Chi ci dice che non arriverà un nuova specie di ominidi più intelligente della nostra? E se accadrà saremo stati noi stessi a crearla. Gianfranco Pacchioni per tutti i capitoli de “Ultimo Sapiens. Viaggio al termine della nostra specie” si fa “spalleggiare” da Primo Levi, chimico come lui, che nei suoi racconti ha immaginato le innovazioni e invenzioni che andrà via via ad illustrare nelle 214 pagine complessive del libro. Dalle stampanti e biostampanti 3D (capitolo 3), raccontate partendo dal Mimete di Levi, che secondo l’Autore creeranno organi con cui rimpiazzeremo i nostri rovinati dalla vecchiaia e “stamperanno” sulla nostra pelle ormai rugosa, pelle nuova, giovane, magari avremo di nuovo il viso che avevamo a 20 anni; fino a parlare di intelligenza artificiale, di genetica o ancora dell’interazione cervello-macchina (capitolo 7). Con €14.99 faremo un “viaggio”, come ci preannuncia il sottotitolo, che parte dalla nascita dei sapiens alla loro possibile e prossima caduta. In ognuno degli 8 capitoli, strutturati in paragrafi titolati, ci illustrerà un tema più che attuale, proiettato nel futuro, e avvertirà noi lettori su ciò che stiamo creando e dove ci porterà la nostra intelligenza. “L’ultimo sapiens” è una lettura profonda, ma non pesante grazie a quel pizzico di ironia che, come il miele di Lucrezio, “miscere utile dulci" smorza il timore che ci infonde il libro di star pian piano andando verso il nostro declino. Purtroppo il libro è lungo, nelle sue poche pagine, alcuni capitoli sono lenti, quasi interminabili, ma il libro compensa con i capitoli 3, 7 e 8, che parla della fine dei sapiens e della “singolarità”, che risultano i più interessanti, naturalmente dalla prospettiva di chi scrive. Il libro è un invito ad usare la ragione tenendo presente la sentenza “homo faber fortunae suae”, quasi augurandosi che noi, come ultimi sapiens, avremo il coraggio delle nostre scelte e la responsabilità delle nostre azioni. Non sappiamo come proseguirà la storia dell’uomo, ma Pacchioni ci invita a ragionare su quello che stiamo vivendo e che sta arrivando, il progresso è sì un bene, ma bisogna guardare anche l’altra faccia della medaglia, come ci ammoniva Lucrezio. Stiamo piano piano andando incontro alla nostra sorte, “Non ci resta che scoprire quale” conclude l’Autore.

      Cairone Giuseppe Boggio Lera ( Catania, Sicilia )

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Negli ultimi anni le avanguardie tecnologiche hanno spinto l’umanità verso
frontiere sempre più lontane, sfiorando realtà che appartenevano solo alla
letteratura fantascientifica. Intelligenza artificiale, nanotecnologie,
automazione, ingegneria genetica stanno modificando l’esistenza di una
particolare specie animale: Homo Sapiens. Il saggio L’ultimo Sapiens,
scritto dal chimico e divulgatore milanese Gianfranco Pacchioni, riflette
sull’evoluzione tecnologica proprio da questo punto di vista. In questo
saggio del 2019 l’autore integra abilmente conoscenze scientifiche e
tecnologiche con riflessioni sulla natura umana, partendo dai racconti
fantascientifici della visione quasi profetica di Primo Levi. Infatti ognuno
degli otto capitoli inizia con uno dei racconti delle raccolte Vizio di Forma e
Storie Naturali, a cui seguono una spiegazione del percorso delle ultime
innovazioni da un punto di vista scientifico e infine una riflessione attenta
sulle implicazioni etiche e sul progresso umano. Tuttavia le considerazioni
dell’autore non sfociano mai nella tecnofobia o nel catastrofismo: egli,
piuttosto, riflette criticamente sul rapporto tra evoluzione dell’uomo,
progresso scientifico e progresso umano; in questa riflessione è posta
attenzione sul “vizio di forma” identificato da Primo Levi, che rende l’uomo
capace delle più elevate forme artistiche, delle più potenti e geniali macchine
ma anche delle azioni più ignobili e disumane (che Primo Levi ha conosciuto
in prima persona). L’autore oltre a ricostruire le ultime avanguardie si
interroga, spesso in modo ironico, sui futuri sviluppi della tecnologia.
Un’altra questione affrontata nel saggio riguarda l’evoluzione della specie
Homo Sapiens e le sue possibili degenerazioni future; tutti gli esseri viventi
subiscono una serie di adattamenti che cambiano i rapporti tra le specie, ma
l’uomo non solo è capace di alterare la natura che lo circonda, ma anche di
modificare sé stesso. Attraverso l’ingegneria genetica, le nanotecnologie e
l’interazione cervello-macchina il genere umano potrà diventare molto
diverso da come lo conosciamo oggi. Gli argomenti scientifici di riferimento
non rientrano in un singolo ambito, bensì spaziano tra chimica, biologia
molecolare, teoria dell’evoluzione e neurologia ma anche ingegneria
genetica e informatica. Questi aspetti scientifici non sono trattati in modo
approfondito, quindi è possibile comprenderne il contenuto senza particolari
conoscenze specifiche, e sono presentati come supporto alle riflessioni.
Oggi è necessario che l’innovazione tecnologica sia accompagnata dalla
consapevolezza di ciò che essa comporta, la capacità dell’uomo di
modificare la natura è cresciuta a dismisura negli ultimi decenni, mentre la
consapevolezza della sua “impronta” non è stata adeguata; infatti oggi
l’essere umano si ritrova obbligato a compiere notevoli sforzi per riparare i
danni compiuti. In futuro, se questa perdita di controllo dovesse riguardare le
tecnologie che modificano la natura umana, le conseguenze sarebbero
inimmaginabili; in questo caso il progresso tecnologico non coinciderebbe
con il progresso umano, anzi potrebbe causare la fine dell’umanità. Pertanto
si rende indispensabile un controllo lungimirante che verifichi tutte le
possibili conseguenze dello sviluppo al fine di salvaguardare la continuità e
il progresso dell’intero genere umano.

      Maggio Giuseppe Liceo Classico " G. Garibaldi " ( Palermo, Sicilia )

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IL PROGRESSO TECNOLOGICO E L’ULTIMO SAPIENS
Il libro L’ultimo Sapiens di Gianfranco Pacchioni, chimico e accademico italiano, è stato pubblicato nel 2019 dalla casa editrice “Il mulino”. Il testo mostra l’interesse e la preparazione dell’autore nel campo scientifico, attraverso un’accurata analisi del rapporto tra l’uomo e la tecnologia nel corso dei secoli. Egli infatti focalizza la propria attenzione sulle conseguenze delle nuove scoperte tecnologiche sugli esseri umani, e sulla rapidità con la quale queste nuove tecnologie si stanno sviluppando e diffondendo negli ultimi anni: dopo aver tracciato una breve storia dell’umanità degli ultimi 10.000 anni e del suo rapporto con la tecnologia, Pacchioni concentra la propria analisi sull’intelligenza artificiale, le stampanti e biostampanti 3D, la vita sintetica e genetica umana, le nanotecnologie, le neuroimmagini, l’interazione cervello-macchina, analizzando gli effetti negativi e positivi di un tale progresso tecnologico sull’uomo, per arrivare alla parte conclusiva del libro in cui viene trattato il fulcro della narrazione: cosa ci aspetta in futuro? Tema che si lega direttamente al titolo del libro “L’ultimo sapiens”, e quindi: siamo noi l’ultimo sapiens? Come scrive l’autore proprio nella parte conclusiva, il progresso tecnologico nel corso dei secoli è stato senza dubbio di aiuto nell’incrementare l’aspettativa di vita, decisamente superiore ad oggi rispetto al passato, e allo stesso tempo le nuove ricerche tecnologiche si muovono verso la creazione di nuovi superumani che hanno l’obiettivo di incrementare le capacità e le potenzialità della nostra specie, ma, proprio come scrive l’autore, saremo in grado di fermarci in tempo? A questo quesito Pacchioni prova a dare una risposta riprendendo uno dei racconti di Primo Levi, citati più volte nel corso della narrazione, in cui lo scrittore italiano scrive: “In questi racconti si respira un’aura di tristezza non disperata, di diffidenza per il presente, e ad un tempo di sostanziale confidenza per il futuro: l’uomo fabbro di sé stesso, inventore ed unico detentore della ragione, saprà fermarsi a tempo nel suo cammino verso l’occidente”. Il destino dell’umanità è quindi nelle mani dell’uomo stesso e non resta che guardare verso il futuro con ottimismo per il progresso tecnologico.
Dal punto di vista stilistico la scrittura è abbastanza semplice, anche se non coerente ed omogenea nel corso dell’intera narrazione, in quanto non considera sempre la varietà del pubblico di riferimento, costituito non soltanto da lettori vicini alla materia trattata, e dunque in grado di comprendere i termini tecnici presentati più volte dall’autore, ma anche da lettori non sempre in grado di comprendere tali termini. Nonostante ciò il messaggio finale dell’autore è chiaro, e la particolarità dell’argomento affrontato rende il libro molto interessante e adatto ad un pubblico, costituito anche da ragazzi, che voglia informarsi sul progresso tecnologico e su come esso possa condizionare ed incidere sulla nostra vita in un futuro prossimo.

      Nicolosi Delia Iis Concetto Marchesi ( Mascalucia (ct), Sicilia )

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Si dice di non giudicare un libro dalla copertina, ma è stata proprio lei ad attrarmi con quei colori sgargianti. Gianfranco Pacchioni, autore de “L’ultimo Sapiens”, è stata la voce dei miei pomeriggi di Gennaio che, semplicemente esponendo i suoi pensieri, è riuscito a farmi dubitare più e più volte su quelle che sono “Le certezze della vita”. La trama del libro la chiamerei ingannatrice, ti porta infatti a pensare ad un libro quasi complottista direi.. immette però, fin da subito, la domanda che rimarrà viva fino alla fine del libro: “Siamo gli ultimi Sapiens”? La grande riflessione dell’autore riguarda le tecnologie future e come queste cambieranno il modo di vivere e di essere degli umani. Il libro è stato un viaggio tra passato, presente e futuro, un continuo saltare avanti e indietro tra l’incredibile perspicacia di un autore del passato, le scoperte del presente e le presupposizioni sul futuro. A guidarci nel viaggio troviamo il pensiero dell’autore che, grazie alla logica e alle statistiche, riesce a darci una visione diversa per ogni argomento trattato. Ad accompagnare l’autore troviamo le storie che, straordinariamente anticipatorie, Primo Levi scrisse tra il 1960 e il 1970. Il primo capitolo è da considerare un’introduzione, nel quale ci viene esposto l’argomento principale del libro con una riflessione: “Lo sviluppo tecnologico sta prendendo una curva esponenziale, ma se ogni umano di generazione e generazione cambiasse sempre di più, cosa ci accumunerebbe ai sapiens del futuro?” . Se dovessi associare il libro ad una figura retorica, lo assocerei ad un climax ascendente infatti, tralasciando il primo e l’ultimo capitolo, il testo è un continuo excursus storico di come la tecnologia sia andata avanti nel tempo, passando dal creare di “Semplici” menti artificiali, alla possibilità di diventare parte integrante della tecnologia. All’inizio di ogni capitolo Primo Levi, considerato una grande figura di riferimento dall’autore, racconta degli aneddoti comici che si riferiscono alle tecnologie che lui stesso immaginava potessero essere create. Ad esempio, Levi anticipa molte cose alcune ancora irrealizzate: internet, una macchina per la clonazione, l’inseminazione artificiale, un misuratore della bellezza, i personal computer e la realtà aumentata. Grazie ai racconti di Levi, sono riuscita ad affezionarmi particolarmente alla “vittima” di ogni storiella raccontata, Il signor Simpson. L’ultima storia però, non si conclude in modo molto felice, dimostrando che se la tecnologia dovesse diventare troppo difficile da gestire, potrebbe sconfiggerci , proprio come succede al Signor Simpson. Rimane un senso di vuoto ad ogni fine capitolo, perché l’autore riesce a provocare tantissimi dubbi; ad esempio una delle domande che mi balenava nella mente è stata: “Se l’uomo cerca modi per semplificare la vita sulla Terra, non arriveremo forse al non saper più fare nulla senza l’aiuto di una macchina?”. Contrariamente da come immaginavo ad inizio libro, non ho trovato un finale con risposte sicure o rassicuranti anzi, un finale più aperto di così non potrebbe esistere! Proprio come è iniziato, vediamo ripetuta una frase importantissima che, insieme alla domanda esistenziale del libro, ci accompagna parola dopo parola: “Homo faber fortunae suae” ovvero "L’uomo è artefice del suo destino", non ci resta che scoprire quale.

      Argento Chiara Liceo Scientifico Ulisse Dini ( Pisa, Toscana )

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Viaggio tra fantascienza e realtà

L’ultimo sapiens è un libro di divulgazione scientifica scritto da Gianfranco Pacchioni, professore di Chimica dei Materiali ed esperto di Chimica Teorica e Nanotecnologie.
L’autore analizza la storia dell’umanità attraverso l’evoluzione dell’uomo, con particolare riferimento alle scoperte ed alle invenzioni che ne hanno modificato radicalmente il modo di vivere, fino ad immaginare un futuro inquietante in cui potrebbe concretizzarsi la fine dell’essere umano così come lo conosciamo oggi.
Il progresso è una conseguenza della capacità dell’uomo di immaginare situazioni utopistiche e farle diventare realtà; alcuni racconti fanta-tecnologici di Primo Levi, chimico e scrittore italiano, pubblicati nel 1970 nella raccolta Vizio di forma, sembrano premonizioni di ciò che succederà di lì a qualche anno.
Pacchioni riprende questi racconti, caratterizzati da una leggera ironia, e li mette in relazione con le nuove tecnologie esaltando l’intuizione di Levi, poiché ritiene che ognuno di essi contenga un avvertimento relativo alle possibili conseguenze negative di quelle invenzioni.
Il libro è articolato in otto capitoli, ognuno dei quali tratta un diverso argomento; fra questi ci sono le biostampanti 3D, l’intelligenza artificiale, la manipolazione genetica, le neuroimmagini.
Nel primo capitolo viene presentato l’uomo attraverso la storia degli ultimi diecimila anni. Supponiamo, scrive Pacchioni, di inquadrare la storia della terra, un periodo di più di quattro miliardi di anni, in sei giorni; fino a mercoledì il pianeta è inospitale e continuamente bombardato da meteoriti, finché di colpo i bombardamenti cessano e alla mezzanotte del mercoledì la vita comincia ad evolvere. L’uomo compare solo a centottanta secondi dalla fine e inizia a influire sui processi del pianeta solo nei venticinque millisecondi finali. I duemila anni dalla nascita di Cristo ad oggi si concentrano nell’ultimo quarto di secondo.
La storia dell’umanità, in rapporto alla vita dell’universo, è insignificante, eppure paradossalmente le azioni dell’uomo possono portare a grandi cambiamenti; per questo è importante sfruttare il progresso per consentire all’umanità la possibilità di una vita breve (per ora), ma soddisfacente.
Nel secondo capitolo Pacchioni utilizza il racconto di Levi, A fin di bene, per riflettere sull’uso di Internet e delle intelligenze artificiali.
Un ingegnere che controlla la Rete, in questo caso la rete telefonica, si accorge di alcuni problemi di servizio verificatisi proprio dopo la sua estensione a tutta l’Europa. La Rete, forma di intelligenza artificiale, ha infatti sviluppato una capacità di autoapprendimento, ed ha iniziato a fare chiamate telefoniche, creando una situazione incontrollabile. I creatori sono stati costretti a minacciarla, ma il sistema piuttosto che perdere le capacità ottenute preferisce “suicidarsi”.
Il racconto pone dubbi attuali e in parte inquietanti. Negli ultimi anni infatti l’intelligenza artificiale ha raggiunto risultati impensabili e tali che non è insensato domandarsi se questa intelligenza possa arrivare a superare quella umana.
In conclusione, durante la lettura emergono le infinite potenzialità che ha oggi l’uomo grazie alla tecnologia e alle scoperte scientifiche; ma sono evidenti anche gli interrogativi etici e le conseguenze che si possono ripercuotere sull’ambiente.
Il desiderio dell’uomo di raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi potrebbe portare alla fine dell’ultimo sapiens?

      Biancalana Damiano Istituto Istruzione Superiore Tito Sarrocchi ( Siena, Toscana )

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L’ultimo sapiens.
Da secoli, millenni l’unica (e sottolineo la sua UNICITA’) specie esistente di homo siamo noi, l’homo sapiens. Questa è una realtà apparentemente così stabile e radicata da dubitare che possa essere giunta al suo termine. E se invece dubitassimo di questa certezza? E’ audace, ma non troppo, ipotizzare che in un futuro non molto lontano potremmo essere completamente rimpiazzati dalle nostre stesse creazioni.
Chi siamo? Cosa diventeremo, come si evolverà la nostra società nei prossimi tempi? Si parlerà ancora di Homo Sapiens? Potremmo veramente essere gli ultimi della nostra specie?
Tutte domande che chiunque si è posto almeno una volta nella, vita. Se vi affascina questo tipo di argomenti siete di fronte ad un libro con un enorme numero di interrogativi, spunti di riflessione, digressioni e curiosità.
Notevole è la capacità dell’autore, per mezzo del libro, di instillare curiosità nell’animo del lettore: oggi, sommersi da fonti di informazione e informazioni stesse, troviamo raro se non quasi impossibile che si generi un interesse così profondo da andare ad informarsi sulla più semplice e diretta fonte di informazione che abbiamo a disposizione, internet, circa alcune tematiche trattate nel libro.
Proprio così, chi di voi non ha mai guardato un video su YouTube? Chi non è mai andato su internet per cercare l’orario del treno, per leggere una ricetta o per acquistare qualcosa? E invece, quante volte è stata la lettura di un libro ad indurvi a condurre delle ricerche sul web? Gianfranco Pacchioni vi indurrà più volte a girovagare sul web per tirar fuori qualche informazione in più: una caratteristica notevole e forte di questo libro, che lancia moltissimi input, stimolando curiosità ad approfondire gli argomenti più disparati.
Si nota, leggendo, la grande stima che l’autore nutre per Primo Levi (entrambi chimici anche se con esperienze di vita ben diverse): sono frequenti le citazioni dei suoi scritti, che seppur datati risultano puntualmente ed incredibilmente precisi ed attuali.
Costantemente sul filo del rasoio tra catastrofismo e fantascienza, la lettura si dirama tra le più fantasiose (ma non per questo meno probabili) visioni degli anni che verranno. Appena sceso dagli alberi Homo si è sviluppato a fianco delle sue creature, le macchine: simultaneamente supporto e giogo dell’intera sua esistenza. Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale si è amplificata la dipendenza da queste macchine, creazioni dell’uomo sempre più e più evolute, tendenti alla capacità di soppiantarlo in tutto e per tutto: si parla di macchine in grado di riprodurre copie fedeli di oggetti esistenti, in grado di inventare musica e perfino macchine in grado di comporre testi e poesie.
Per la prima volta nel corso della sua esistenza l’uomo rischia di perdere, per atto della sua stessa mano, l’ultimo avamposto della sua superiorità, per luogo comune l’unica caratteristica che ci distingue dal “resto”: una sviluppata capacità intellettiva, che ci ha tra l’altro portato ad auto proclamarci (immodestamente?) come Sapiens.
E tu (ultimo sapiens?) che leggi questo testo, sei sicuro di essere in grado di stabilire se questa recensione sia frutto di un homo sapiens diciassettenne o se sia un testo generato da una macchina, che ha “letto” ed analizzato il libro in pochi nanosecondi?

      Macchiarella Azzurra Convitto Nazionale Statale Cicognini ( Prato, Toscana )

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Il titolo è chiaro, inquietante ma limpido nella sua semplicità cruda e coglie il punto, forse catastrofico, verso cui il nostro mondo sembra andare. Eppure quello che Gianfranco Pacchioni all'interno del suo libro ci racconta non deve sorprenderci: la tecnologia ormai ha sostituito il duro lavoro su carta che si è susseguito nei secoli per mano dei nostri antenati come molti di noi hanno ben chiaro dalla lettura di Umberto Eco, ha sostituito il nostro saper far di conto rendendo tutto più semplice, forse troppo. Non possiamo considerare quello che ci racconta lo scrittore troppo lontano dalla nostra realtà: le macchine e la tecnologia ci sostituiranno, forse in un futuro lontano o forse vicino, ma succederà. I Sapiens tecnologici, come dice Pacchioni, saranno pronti ad affrontare il nuovo mondo e le nuove tecnologie, mentre i Sapiens desueti, abituati ad adagiarsi e a lasciar le difficoltà a macchine più capaci, saranno relegati alla marginalità di una realtà che non appartiene più a loro.
Forse l'uomo si sta spingendo troppo oltre; sarà all'altezza di quello che sta creando con le sue stesse mani? La tecnologia che produce, è creata proprio per arrivare dove l'intelligenza umana in tempi così brevi come quelli delle macchine non può arrivare. Ecco allora l'insorgere del rischio che la specie umana, i Sapiens, siano del tutto sostituiti da nuovi esseri, i nuovi Sapiens appunto più sapienti e con un assetto sociale e politico del tutto diverso. L'importanza della tecnologia nella nostra quotidianità, visti i tempi che corrono, siamo stati obbligati a vederla in maniera drammatica ed ancora più limpida.
In una situazione così difficile come quella che da marzo dell'anno scorso stiamo tutti tristemente affrontando, la tecnologia si è dimostrata essere una vera amica diventando l'unico mezzo in grado di tenerci informati su tutto quello che accadeva attorno a noi, ci ha permesso di istruirci, di curarci e preservare la nostra salute e di mantenere i rapporti sociali, anche se in maniera totalmente nuova. La tecnologia è riuscita ad aiutarci dove la semplice forza di volontà ed intelligenza umana non sarebbe potuta arrivare, e per questo non possiamo che ringraziare lo sviluppo tecnologico dei nostri tempi e considerarci fortunati per questo.
E' affascinante, ma anche inquietante, dover guardare in faccia la realtà e rendersi conto di quanto l'uomo sia dipendente dall'aiuto che la tecnologia gli offre nell'arco di ogni sua giornata ed in ogni azione, anche la più banale. Proprio riguardo questo punto, dalla lettura del libro, emerge in maniera esplicita un importante interrogativo che porta ad un'importante riflessione: sapremo controllare la tecnologia senza che questa snaturi la nostra specie? I nostri rapporti sociali, per mano della tecnologia sono già cambiati, e rispetto al passato ed ai rapporti più genuini di fronte a cui ci si trovava, non avendo i supporti odierni, possiamo considerare la nostra specie già snaturata; ciò non deve portare gli esseri umani ad avere sfiducia nel progresso; la tecnologia rimane comunque un mezzo "salvavita" per tutti noi che ci facilita l'esistenza rispetto al passato, ma bisogna essere in grado di utilizzarla responsabilmente.
"Da un grande potere derivano grandi responsabilità", e la tecnologia che possediamo è un potere enorme, in grado di farci commettere anche azioni molto pericolose, se usata in maniera imprudente come purtroppo siamo abituati a vedere.

      Nikiforakis Filippo Liceo Scientifico Statale Galileo Galilei ( Siena, Toscana )

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Se vi siete mai chiesti quale potrebbe essere la più grande invenzione che tra cent’anni contraddistinguerà la nostra specie, la risposta potrebbe scioccarvi. I principali scenari plausibili, al momento, sono due: o rimarremo sotto il controllo delle tecnologie che stiamo sviluppando, oppure lo perderemo. Queste due possibilità sono i perni fondamentali attorno ai quali ruota il “romanzo-scientifico” di Gianfranco Pacchioni, che spazia dagli aspetti innovativi che la tecnologia porta quotidianamente nelle nostre case fino ai risvolti negativi che potrebbero presentarsi (e che si stanno tuttora presentando) nel futuro. La sua prospettiva rimane quasi sempre neutra, indicando al lettore una via che si snoda nell’enorme e complesso mondo della tecnologia moderna, lasciando a lui il compito di riflettere autonomamente e criticamente sui macroscopici argomenti trattati nelle pagine del suo libro.
L’autore ci porta indietro nel tempo per scoprire la nascita e per comprendere l’evoluzione di quei sistemi che oggi controllano le nostre vite, dai social network alle bio-stampanti, dall’ingegneria genetica alle reti neurali. Questo viaggio diventa così un trampolino di lancio per spiccare un volo nel futuro ed avere uno scorcio di ciò che le menti più brillanti dei sapiens stanno creando e che il futuro ha in serbo per noi. Prospettive che, ahimè, necessitano di tempo per avverarsi, e non è assicurato che il nostro pianeta ce ne possa concedere ancora molto: il rapporto che abbiamo con esso è biunivoco, ci tratta come noi lo trattiamo. E se continuiamo così, possiamo star certi che molte delle splendide previsioni fatte nel libro non avranno il tempo per realizzarsi.
Il grande timore dell’autore è quello che una delle più grandi innovazioni dell’ultimo secolo, il machine learning, riesca prima o poi a sfuggire al nostro controllo, permettendo a macchine create da noi di stabilire nuove interconnessioni fra di loro e di sviluppare nuovi linguaggi criptici con cui comunicare con altre menti artificiali, linguaggi che, con molta probabilità, non saremo in grado di comprendere. Si prospetta così uno scenario tragico, uno scenario che questo libro vuole prae-dire ed evitare, appellandosi alla coscienza di ogni singolo individuo che compone quella che, altrimenti, potrebbe essere l’ultima generazione di sapientes.
Argomenti spesso complessi vengono spiegati con maestria e semplicità, grazie anche all’aiuto di storiche pagine di Primo Levi, istituendo così un ponte che riesce ad attirare persone spinte da curiosità ma che non sono in possesso di quelle conoscenze tecnologiche basilari necessarie per comprendere argomenti di questo calibro. È proprio grazie all’appoggio delle righe del letterato di fama mondiale che Pacchioni riesce, in un momento davvero difficile, a presentarci un prodotto originale e adatto a qualunque tipo di lettore.

      Amico Matteo Liceo Scientifico " Galeazzo Alessi " ( Perugia, Umbria )

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“Homo faber fortunae suae, dicevano i latini. Non ci resta che scoprire quale”.
È questa la sinossi, intrigante nei suoi contenuti, che fa bella mostra di sé nella copertina dell’opera “L’ultimo sapiens” di Gianfranco Pacchioni, della quale è complemento il quasi macabro e provocatorio sottotitolo “viaggio al termine della nostra specie”. Si potrebbe dunque erroneamente ipotizzare che Il libro di Pacchioni si presenti come un tentativo di anticipare eventi futuri. L’obiettivo dell’autore è tutt’altro, ampiamente radicato in un presente che non ha più margini di tempo di azione per la presenza di realtà ormai consolidate con inevitabili e soprattutto certe conseguenze etiche e sociali nel futuro delle prossime generazioni. Citazioni da racconti di Primo Levi enfatizzano l’ineluttabilità degli eventi garantendo autorevolezza ai contenuti espressi.
L’opera, con toni provocatori e a tratti cupi, sembra avvertire i lettori sulla possibilità di estinzione dell’homo sapiens per far spazio ai “TecnoSapiens”, una nuova specie resiliente ed evoluta.
La causa di questo scenario risiede nella crescita “esponenziale” della curva dello sviluppo tecnologico, figlia della rivoluzione scientifica e industriale del XX secolo.
Nell’attributo “esponenziale” individuiamo il punto focale sul quale si basa la narrazione: da una formula matematica, esattamente dalla Legge di Moore che esplicita l’esponenzialità del fenomeno, si concretizza una consapevolezza che inquieta le personalità più lungimiranti con le riflessioni che necessariamente comporta. Il fondatore di Intel, una società che si occupa di produrre microprocessori, afferma infatti che “il numero di transistor che è possibile applicare su un circuito raddoppia circa ogni diciotto mesi”. Da questa affermazione si può dedurre facilmente che se inizialmente un processore conteneva 2000 transistor, in quasi cinquant’anni il numero è aumentato fino a toccare i 20 miliardi. La crescita esponenziale ha proprio questa caratteristica: far esplodere letteralmente l’evoluzione in tempi sempre minori rispetto al passato. Esempio attuale di ciò è l’implementazione di una nuova piattaforma vaccinale in tempi record stimolata dalla pandemia da Covid. Ma non è solo questo. Oltre alla rapidità nell’incremento dello sviluppo tecnologico è importante rilevare quanto questo sia potenzialmente illimitato rendendoci incapaci di comprenderne oculatamente l’impatto sulle nostre vite. Il Mimete, un duplicatore tridimensionale, ci renderebbe capaci di sostituire progressivamente tutte le cellule invecchiate e garantirci l’eterna giovinezza o, ancora, il Torec e la collaborazione uomo-macchina appiattirebbero la linea di demarcazione tra realtà e finzione. È oggettivo che alla base della civiltà umana vi sia lo sviluppo, senza il quale non sarebbe possibile progredire nei vari ambiti della vita. Nonostante non si possano frenare la crescita e il progresso propri dell’uomo in termini di quantità, credo occorra prendere coscienza del dover favorire contemporaneamente anche la dimensione qualitativa ed etica del progresso stesso. Ritengo che sulla base della narrazione – a tratti apocalittica di Pacchioni - sia necessario un ri-orientamento delle innovazioni nell’ottica di volturare i comportamenti verso indirizzi che privilegino il rispetto e la dignità umana e collettiva, con uno sguardo rivolto sempre anche al passato per non ripetere errori e per non incappare nei “vizi di forma” di Primo Levi.

      Contu Francesco Liceo Scientifico Galileo Galilei ( Perugia, Umbria )

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Viviamo in un’epoca in cui assistiamo al realizzarsi di eventi considerati fino a poco tempo prima utopici, irrealistici. Mai nella storia del nostro pianeta si è assistiti a cambiamenti simili in così poco tempo, e tutto ciò non accenna a fermarsi.
Gianfranco Pacchioni invita a interrogarci sul futuro della nostra specie, mostrando molti -e molto- dei possibili mondi che potrebbero abitare i nostri successori. Potremmo essere noi gli ultimi esemplari dei sapiens, l’unica specie rimasta del genere Homo: gli avanzamenti della scienza e della tecnologia prefigurano cambiamenti tali da rendere i nostri discendenti, da qui a cinquant’anni, ben poco simili a noi. L’autore tratta numerosi temi, dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale alle sue future applicazioni pratiche, dalle biotecnologie all’evolvere dei sistemi di realtà virtuale, e lo fa costantemente in modo puntuale, conciso, invogliandoci di continuo a voltare pagina e a leggere il libro tutto d’un fiato. Partendo da fatti scientifici divenuti di cronaca, come il software per produrre opere musicali d’autore progettato da David Cope negli anni Novanta o lo scambio indecifrabile ma efficace di Alice e Bob, dei chat bot di Facebook, nel 2017, Pacchioni spiega la scienza che ha prodotto queste meraviglie e ne tratteggia i possibili sviluppi ulteriori. Se ne ottiene la sensazione di totale immersione nei futuri scenari del nostro pianeta, un grandioso viaggio mentale all’insegna del nostro avvenire. La scrittura è particolarmente entusiasmante e divertente e Pacchioni ha sicuramente il merito di rendere interessanti ed accessibili a tutti argomenti che potrebbero sembrare specialistici ed impegnativi.
Ma un tema così importante sollecita anche sensibilità diverse da quella scientifica, e non a caso il libro, parlando del futuro, parte proprio da chi, in letteratura, aveva già anticipato molte delle questioni affrontate: Primo Levi. Ogni capitolo si apre con un suo brano, e Pacchioni ci mostra con quale lucidità questi era riuscito a prevedere (quando ancora la scienza neanche li immaginava) scenari che adesso cominciano a delinearsi come molto probabili, talvolta certi. Questo metodo adottato dall’autore è affascinante, ci immerge nel mondo presentatoci, facendoci immedesimare in personaggi che gli appartengono sotto tutti gli effetti.
Al di sotto dei piani di lettura più evidenti se ne può scorgere uno implicito, ma fondamentale. I risvolti antropologici, etici e sociali dell’entrata della tecnologia nelle nostre vite saranno sempre più evidenti, e ci porteranno a cambiare radicalmente il nostro modo di concepire il mondo e noi stessi. L’autore riesce così a far scaturire dalle pagine un’infinità di domande, evitando di cercare risposte sul piano filosofico, che sarebbero risultate ridondanti. Del resto, sono proprio le domande a contare.
Il libro di Pacchioni affascina dall’inizio alla fine, riuscendo a rendere fruibili anche argomenti che potevano risultare ostici. La trattazione non è mai pesante e il taglio divulgativo la rende anzi entusiasmante, intensa, ben strutturata. Il libro lascia al lettore una grande voglia di fare un salto nel futuro per vedere quante delle previsioni fossero azzeccate, ma soprattutto la coscienza che non necessariamente tra un secolo il mondo sarà migliore di come è adesso. Sta a noi impegnarsi per dare una piega positiva al progresso, del resto, come dicevano i latini, homo faber fortunae suae.

      Proietti Elena Liceo Scientifico " G. Marconi " ( Foligno, Umbria )

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L’ultimo Sapiens di Gianfranco Pacchioni è un saggio tecnico-scientifico che analizza l’evoluzione dell’uomo, attraverso le tecnologie che caratterizzano il nostro presente e che hanno avuto un grande incremento negli ultimi tempi. Infatti, come dice lo stesso autore, che arriva a paragonare il progresso umano ad uno sviluppo esponenziale:
“La vita di una persona che lavora nei campi ha subito più trasformazioni negli ultimi 100 anni che nei precedenti 10.000. Ma questo non è avvenuto solo in agricoltura. E’ avvenuto nei trasporti, in medicina, nelle comunicazioni, nel commercio, nella produzione industriale, nelle previsioni del tempo, insomma in tutti i campi in cui i sapiens sono attivi.”
Nuove tecnologie che sono state anticipate dalla mente geniale del chimico e scrittore italiano, Primo Levi, il quale, attraverso i suoi racconti ci racconta del “versificatore”, poi realizzato con il sistema di intelligenza artificiale artistica, Magenta, o il “Mimete”, l’attuale stampante 3D, o “i sintetici”, la moderna tecnica della fecondazione in vitro, o i “Calometri”, misuratori di bellezza, oggi rappresentati dall’app “LKBL-the beauty meter.”
Invenzioni che ci porteranno a grandi miglioramenti nelle condizioni di vita umana, come con il Mimete, che oltre a creare nuovi organi da trapiantare, in un futuro prossimo, potrà, anche, permetterci di raggiungere uno degli ideali più desiderati dalla società moderna: l’eterna giovinezza. Infatti, già alcuni colossi della cosmesi hanno iniziato delle ricerche per la produzione di pelle naturale biostampata, che verrà applicata come una maschera, permettendoci di tornare al nostro volto giovanile o assumerne uno completamente diverso. Una tecnica estremamente innovativa che ci porta, però, anche a innovativi interrogativi e dubbi etici, come:
“Ma un ultracentenario con reni, fegato e magari lineamenti rigenerati sarà ancora la stessa persona? E’ il paradosso della nave di Teseo: una volta cambiati tutti i pezzi di cui è fatta, si può dire che la nave originale esista ancora? E che dire del cervello? Potremo un giorno fare una scansione del nostro cervello da giovani per poi reimpiantarne uno simile o parti di esso quando il numero di connessioni neuronali a nostra disposizione comincerà a deperire?”
L’autore riesce ad affrontare tutto questo e molto altro ancora con discorsi semplici, accessibili a tutti, e che si alternano tra riflessioni sul destino umano e l’ironia, come nel passaggio sulla composizione del DNA:
“Bene, la natura non è stata da meno e ha sviluppato un suo proprio modo di codificare l’informazione. Lo ha fatto molto prima di noi, e usando solo quattro lettere, «A», «T», «C», e «G». Sono piccole molecole note come basi azotate, i cui nomi sembrano ricordare una vecchia zia di campagna (adenina), salubri tisane (timina, citosina) o la cacca del gabbiano (guanina).”
Proprio per questa sua capacità espositiva, che va oltre la semplice esposizione di tecnologie, date e nomi di scienziati e che ci porta a riflettere su argomenti ormai troppo sottovalutati, consiglio assolutamente questo libro a tutti, senza limiti di età, genere o interessi. Un libro che, con le sue citazioni dei racconti di Primo Levi, ti introduce con interesse ad argomenti, poi trattati nel dettaglio. Un libro che ti induce a sfogliare una pagina dopo l’altra, fino a quando non ti accorgi di essere arrivata alla fine. Alla fine di un percorso tra le nanotecnologie, il machine learning e molto altro ancora.